Sguardi dalla stiva

Un tempo la parte inferiore della nave
era occupata dai rematori legati alla catena.
Loro erano il motore.
Il sudore, la fatica,
la malattia ed anche la morte
accompagnavano il ritmo dei remi
che affondavano e riemergevano dall’acqua:
Stando sul ponte
le voci dal profondo della stiva
erano soffocate dalle onde e dal vento.
È
quello che continua ad accadere.
La stiva è simbolo di realtà sommersa
alla quale viene sottratta la visibilità.
Dunque anche la verità del suo esistere.


 

Questo è il testo della lettera che Sandro ha diramato per trovare una soluzione a Seck, che ha avuto un grave infortunio sul lavoro e che ora si ritrova senza potere contrattuale per l’invalidità permanente che ne è derivata.

Seck Djiby è nato il 12.01.1962 a Diourbel (Senegal).
A Touba (Senegal) risiede sua moglie, Ndiaye Sali nata nel 77, e i loro due bambini: Cheikh, nato nel 2001 e Amy, nata nel 2003.
Seck è venuto in Italia nel 1986 e ha svolto diversi tipi di lavoro.
Negli ultimi anni è diventato camionista.
Attualmente risiede a Concorezzo (Mi).
Il 9 settembre 2004 percorreva l’Autostrada A7 in direzione Genova alla guida di un autorimorchio a proposito del quale aveva già notificato al proprio datore di lavoro l’anomalia riscontrata nel funzionamento del pulsante necessario per innescare il cambio delle marce. Nel tratto tra Busalla e Bolzaneto, alle ore 07,15, all’uscita da una galleria, Seck ha attivato la levetta del cambio marce per scalarle, ma ha visto improvvisamente calare a zero l’indicatore della pressione dell’aria. Egli non ha potuto quindi scalare le marce, ma anche i freni non rispondevano più e lo stesso volante era diventato duro e faticoso. Per evitare l’impatto con un mezzo che si trovava davanti a lui cade con la motrice fuori dalla carreggiata, mentre il rimorchio, rimasto a quella ancorato, resta nella sede stradale. (Purtroppo da quando fu ricoverato in ospedale la polizia urbana non è andata a chiedergli qualcosa sulle causalità dell’incidente che ha subito. Il camion sequestrato non è stato quindi sottoposto a controllo di verifica delle anomalie con cui ha dovuto fare i conti, ma è stato restituito al proprietario che lo ha demolito).
Avvenuto l’incidente, Seck è stato portato alla neurochirurgia dell’Ospedale Galliera di Genova.
Gli hanno riscontrato “frattura a scoppio di L1 con arretramento del muro posteriore e conseguente riduzione del diametro scanalare, associata frattura della lamina sinistra di L1, di D12 e di L2” (Le sigle di riferiscono alle vertebre della spina dorsale).
Il 14 settembre veniva sottoposto a laminectomia decompressiva L1, stabilizzazione T11-L2 mediante sistema Horizon (barra in titanio e viti metalliche).
Gli hanno poi detto che prima di un anno si poteva valutare se il materiale in titanio poteva essere tolto.
Il 20 giugno 2005 si reca alla Neurochirurgia di Genova dove è stato operato e gli viene detto che la lastra alla spina dorsale se la deve tenere per tutta la vita perché toglierla lo esporrebbe a pericolosi rischi.
Il 22 giugno 2005 è stato licenziato.
L’Inail gli ha riconosciuto un reddito del 16% e poi, con richiesta di collegiale, lo ha portato nel 2006 al 20%: con 217 euro al mese.
Il 29 marzo 2006 l’Inail gli ha poi riconosciuto una riduzione di capacità lavorativa pari al 34%: “il presente attestato viene esclusivamente rilasciato per uso collocamento obbligatorio al lavoro…”.
Seck si è recato ai Servizi Sociali del Comune di Concorezzo per essere inserito nei collocamenti obbligatori al lavoro per i disabili.
Viene chiamato dal “Servizio per la collocazione dei disabili della Provincia di Milano” e viene convocato 4 ore al progetto Match previsto dalla legge 68/99 “per permettersi di conoscere meglio le sue personali attitudini al lavoro e la sua effettiva disponibilità”.
Viene poi delegato al “Centro per impegno lavoro” di Vimercate. Da qui lo mandano per tre giorni di colloqui al SILD (servizio inserimenti lavoratori disabili) al Comune di Bernareggio; servizio che cerca di trovargli qualche posto di lavoro. Ma da quel momento Seck non è stato ancora convocato a nessun posto di lavoro. Lui naturalmente non può fare un lavoro che richieda sforzi dì schiena e di stare sempre in piedi. Ma seduto può svolgere seri lavori manuali su banco.
A febbraio 2007 ha fatto il kit per il permesso di soggiorno, che, non avendo lavoro, gli durerà 6 mesi.
La questura di Monza lo ha poi invitato a ritirare la richiesta di carta di soggiorno definitiva che aveva presentato prima dell’infortunio. A cui avrebbe fatto seguire la richiesta di cittadinanza italiana e la convocazione qui della moglie e dei suoi bambini.
La situazione di Seck sta diventando drammatica.
Ormai da mesi non riescono assolutamente a trovargli una ditta che sia disposta ad assumerlo. Non ha più soldi da mandare giù in Senegal alla sua famiglia perché i pochi euro che prende mensilmente deve usarli faticosamente per coprire le sue spese di casa. Inoltre è da due anni che non riesce a tornare in Senegal a rivedere la sua famiglia.
È possibile affrontare questa drammatica situazione e trovare la soluzione giuridicamente dovuta?

Sandro Artioli


 

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