10 giugno 2017 / Bergamo
TERRA E POPOLI. FUTURO PROSSIMO
Interventi e risonanze (12)


 

A condizione che…

 

Maestro, puoi dirci quale sarà il segno del tuo ritorno alla fine del mondo?” (Mt 24,3).

Nessuno sa quando verrà quel giorno e quell’ora…E’ come un tale che è partito per un lungo viaggio: se n’è andato via e ha affidato la Casa ai suoi servitori… Ebbene, restate svegli, perché non sapete quando il padrone di Casa tornerà… Quel che dico a voi lo dico a tutti: state svegli” (Mc 13,32-37).

Mai abbiamo maltrattato e offesa la nostra Casa comune come negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, di bellezza, di vita piena” (da Laudato si’ n° 53).

Domanda: possono le religioni fare da lievito, forza trainante, perché l’umanità, almeno gli uomini e le donne che a queste religioni fanno riferimento, prendano sempre più coscienza della grande responsabilità che hanno nei confronti di questa Casa comune che ci è stata data perché la coltivassimo e la custodissimo secondo il Sogno del Padre?

Sì. A patto che le religioni come attualmente sono strutturate, si esprimano, cambino !!

Mi ha fatto riflettere il fatto di aver scoperto che l’appello interreligioso sul clima sia stato firmato solo da 4 vescovi italiani, responsabili di comunità territoriali cattoliche, vescovi che nella Conferenza Episcopale Italiana sono sempre stati considerati come il due di picche.

Prendo in considerazione la religione di casa nostra come finora si è espressa in Italia nelle comunità territoriali. Dobbiamo umilmente prendere atto che il cristianesimo delle varie devozioni e delle confraternite non è stato molto di aiuto agli uomini e alle donne di queste comunità, specialmente i loro animatori, a prendere coscienza di questa responsabilità verso questa Casa comune.

I responsabili / gli animatori delle comunità non possono pensare di continuare a proporre le stesse iniziative che, come risultato hanno portato a disincarnare la fede di noi cristiani, perché l’hanno portata nei fatti, anche se non nelle intenzioni, a disinteressarsi dei problemi della storia o, peggio, ad affrontarli con una logica, con una mentalità per niente o poco evangelica.

Iniziative che hanno contribuito a formare uomini e donne che pregano magari anche molto, che curano molto la liturgia (la preghiera comunitaria), che fanno anche tanta carità, ma che poi nei fatti fanno scelte politiche, cioè sostengono un progetto di società, di mondo, di convivenza, di… che di messaggio evangelico sanno poco o nulla. Mai siamo stati stimolati a riflettere su questo fronte, come se la politica non c’entrasse nulla con il Vangelo di Gesù.

Iniziative che certamente hanno stimolato la nostra fede, però tutta chiusa nei riti e nei sacramenti e non aperta, da esprimere cioè soprattutto là dove si lotta, dove si giunge perfino a mettere in gioco la propria vita (a sacrificarla, evangelicamente parlando) per una “giusta ed equa distribuzione dei frutti del lavoro umano”.

Immaginiamo se nelle nostre comunità territoriali, di quartiere, si incominciasse da parte degli animatori a chiamare per nome le cose, denunciando apertamente l’ingiustizia economica e i suoi inganni e reclamare scelte completamente diverse !!

Se invece del solo papa Francesco, incominciassero a farlo con costanza anche i vescovi, i preti, i laici del consiglio parrocchiale e decanale !!

Questo salto culturale non è possibile che avvenga se la formazione dei seminari continua a rimanere finalizzata a formare specialmente liturghi o chierici di stato (definizione alternativa a pastori data da Francesco).

Faceva notare più di 30 anni fa Arturo Paoli in una sua pubblicazione intitolata “ricerca di una spiritualità per l’uomo d’oggi”:

Finché noi cristiani (cattolici) costituiamo delle aggregazioni adolescenziali dove, per mancanza di iniziativa e di creatività, si è più papisti del Papa e più ortodossi dei vescovi, dove ci si compiace di stare in una grande caserma nella quale il tempo è scandito dagli ufficiali ed è riempito o reso vuoto dalle decisioni dello stato maggiore, non abbiamo il diritto di pensare, e quindi dire, che il Regno di Dio è vicino”.

Che razza di cristianesimo nelle comunità si è professato se ci ha condotto a questo abisso di disuguaglianza e ingiustizia, in cui esistono chi impoverisce e chi è impoverito? Solo una falsa immagine di Dio, del Dio di Gesù può averci portato a una spiritualità sterile, rassegnata, fatalista. Solo se sapremo liberare il cristianesimo da ogni inadeguata immagine del Dio di Gesù, saremo in grado di rendere effettivo (di collaborare a rendere effettivo) il progetto del suo Regno”. (Benjamin Forcaro).

E’ vero che i tempi e i modi li definisce solo il Padre, sottolineava uno di noi, però questo non ci esime dal fare la nostra parte, dal chiedere a Lui di farci capire qual è la nostra parte e di darci la forza di fare la nostra parte.

Vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su quel che devono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è in cielo glielo concederà”. (Mt 18,19)

Sarebbe già un passo in avanti se nelle comunità, durante le assemblee liturgiche si cercasse di tenere in considerazione questo annuncio di fede.

Occorre che sempre più il cammino di spiritualità, di carità delle comunità territoriali entri con più decisione nel cammino tracciato da Gesù, che è un cammino più vicino all’etica. E’ incoerente definire Gesù ‘Signore della storia’, ‘Re dell’universo’, se poi si continua a presentare la sua ricerca della volontà del Padre al di fuori delle vicende umane, al di fuori delle vicende storiche” (Arturo Paoli).

Il discorso del verticale e orizzontale non regge più, perché il tipo di trascendenza, staccato dall’etica, è all’origine di schizofrenie incredibili.
E l’esistenza di queste schizofrenie emerge soprattutto quando i cristiani sono chiamati a fare scelte politiche concrete.
Solo se il concetto di religione non sarà più inteso come ‘accordo di tutti su una verità’, ma sarà inteso come ‘responsabilità di tutti’ sarà possibile che le religioni possano diventare lievito, forza trainante, perché la posta in gioco è alta: è la continuazione della vita, ogni forma di vita, sulla terra

Non siamo liberi di scegliere il paese in cui nasciamo, però siamo liberi di scegliere di dare, nel paese in cui nasciamo, il nostro contributo perché possano vivere con dignità anche coloro che arrivano non liberi, ma spinti forzatamente dalla guerra o dalla violenza, dalla fame, dalla…”

A che serve avere le mani pulite se poi le si tengono in tasca?” (L.Milani, 1965)

Giorgio Bersani


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