Editoriale (1)
Nel fare memoria dei 50 anni dalla fine del Concilio, i preti operai si stanno interrogando sulla provocazione avuta nella propria vita e nella storia del popolo in cui si sentono inseriti.
Le tre costituzioni del concilio Vaticano II Dei Verbum, Gaudium et Spes, Lumen Gentium, sulle quali siamo ritornati, offrono importanti ispirazioni per una riforma della chiesa orientata al servizio dell’umanità tutta e del pianeta che ci ospita.
Quest’anno abbiamo ripreso in mano la Lumen Gentium, correlandola con la nostra vita e con la storia degli uomini e donne del nostro tempo. Quale mondo e quale chiesa si stanno confrontando oggi? Il titolo del convegno è anche più tendenzioso: “In questo mondo a rischio, quale Chiesa?”
Le trasformazioni in atto non sono solamente tecnico scientifiche, ma culturali, oltre che materiali. Il come abitare in questo mondo, diventa oggi decisivo per la sussistenza della vita stessa del pianeta. Il baricentro, poco alla volta, si è spostato dai “ valori” di riferimento, talvolta ideologizzati, ma certamente contenuti nelle elaborazioni strutturali delle istituzioni collettive ( costituzioni, istituzioni, associazioni, militanze, progettualità…) alla centralità della persona intesa come individuo nella sua unicità e … solitudine , mosso dal bisogno di autorealizzazione attraverso le pulsioni del desiderio, ignorando possibili mediazioni di un contesto superiore.
In passato le ideologie hanno esaurito le intuizioni delle varie rivoluzioni ( borghese e comunista) in situazioni storiche caratterizzate da nuove schiavitù. Il fallimento dei vari sogni dell’umanità ( occidentale) ha lasciato spazio alla persona, in ascolto delle proprie pulsioni e delle sollecitazioni del mercato. Nella società della “ gratificazione istantanea” si è radicalizzato il desiderio incentrato sulla realizzazione del sé e sull’autodeterminazione. La cultura della soggettività è come ipnotizzata dalle figure del protagonismo, della concorrenza, della sicurezza, dell’accumulo, dell’immagine, dell’eros, e delle varie pulsioni, fino ad arrivare ad una ideologia radicale che esalta il diritto soggettivo in cui l’unico criterio è il principio del piacere e della soddisfazione del desiderio nella logica individualistica e consumistica. Tutta la realtà viene considerata in termini utilitaristici come beni materiali da consumare e rapporti da sfruttare come opportunità, chiudendosi in un narcisismo soffocante.
Difficile instaurare relazioni vere, durature, di reciprocità, di dono e gratuità, di stupore ed attrazione; tutto si riduce al “virtuale” illusorio ed impermanente. La fragilità psichica e vitale accompagna la nostra generazione: il futuro resta chiuso sull’istante presente e non permette la possibilità di sognare. Il “tutto gira intorno a me” rende ogni relazione solo strumentale e consumista.
Questa è la cultura dominante. Non è retaggio del solo occidente “sviluppato”. Nella comunicazione globale, diventa una seduzione anche per il sud del mondo con le immagini che circolano attraverso televisioni e tablet. I modelli di vita e di consumo esercitano un’attrazione in tutte le latitudini, acuendo il problema della sostenibilità del pianeta. La terra è ridotta a miniera e discarica, in un circolo perverso. Nel 13 di agosto di quest’anno , i terrestri hanno consumato tutto l’ossigeno disponibile dell’anno; ed ora intacchiamo le riserve del domani. Il pianeta non è in grado di riprodurre in breve tempo quello che abbiamo consumato. La deforestazione e la desertificazione riducono le fonti dell’ossigeno. La superproduzione di beni e servizi, con la loro folle e iniqua redistribuzione, compromette l’equilibrio biologico del pianeta. Per la prima volta è messa a rischio la vita stessa sulla terra a causa dello sfruttamento dissennato delle risorse disponibili accompagnato da un ritmo di spreco la cui ottusità è impressionante.
L’esodo di popoli in fuga dalle guerre, da violenze e persecuzioni, ma anche dai processi di desertificazione dei territori, a cui si accompagnano la fame, e condizioni di impossibilità a sopravvivere, sono una conferma della gravità in cui si trova il pianeta terra. La marea umana che affronta elevati rischi di soccombere in viaggi affidati alla precarietà assoluta è la figura non di un momento congiunturale e provvisorio, ma di un trapasso epocale che richiede con urgenza una cambiamento. Le contraddizioni sono di casa anche nel nostro occidente. Mentre arrivano popoli che fuggono dalle guerre, le nostre industrie delle armi non conoscono crisi1.
La presa di coscienza di queste problematiche acuisce il senso della precarietà, ma può innescare anche un senso di responsabilità. E’ in atto una controtendenza che riguarda scuole di pensiero filosofico, come ad esempio la corrente umanistica di grandi pensatori Francesi, la cultura ecologica, solidaristica, la ricerca di qualità di vita, le religioni stesse che si aprono alle tematiche del dono e delle relazioni. Cresce anche la sensibilità collettiva e politica come presa di responsabilità sulle fonti di energia rinnovabili e sulle limitazioni di rifiuti e di emissioni atmosferiche. Occorre uno sforzo umano imponente orientato alla presa di coscienza e all’assunzione di responsabilità delle singole persone e delle società umane. E’ possibile, però, che i tempi richiesti siano troppo lunghi per agire efficacemente sulle possibilità di salvare la vita sul pianeta. L’urgenza è grande e il tempo si è fatto breve. La catastrofe può venire da noi stessi, dalle guerre provocate dal “ si salvi chi può” e dall’inerzia nel persistere di un trend globale insostenibile per il pianeta.
Quale Chiesa a fronte di questo mondo a rischio?
Sono occorsi oltre cinquanta anni per sentire parole nuove che rispecchiano le intenzioni del Vaticano II°, ma valeva la pena resistere sulla linea seguita dai preti operai. Con papa Francesco, si sta cambiando linguaggio e speriamo anche cultura e prassi. Al centro non stanno le fredde teologie o le precettistiche morali, quanto la vita evangelica come sequela di Gesù. E’ l’umanità di Gesu Figlio di Dio che diventa normativa per la fede,la prassi e il culto, questa umanità costituisce l’uomo nuovo capace di relazionarsi con il Padre e con i fratelli.
Ma un papa non fa la Chiesa: i corvi aspettano il suo cadavere nascosti nei castelli delle loro certezze. I vangeli presentano non una dottrina ma un racconto della storia e della prassi di Gesu nella sua umanità: la sua relazione con il Padre, i sentimenti di tenerezza, di stupore, di compassione, di rabbia contro la falsità dei capi, dello sfruttamento in nome di Dio. Gesù è diventato grazia e dono del Padre per tutti a cominciare dagli ultimi, dagli esclusi. La croce non è il suo fallimento, ma il segno supremo di una vita donata che supera anche la morte. La teologia è una speculazione per capire qualcosa del Mistero, ma quello che decide della vita e della salvezza è il seguire Cristo più da vicino.
1) Le grandi rivoluzioni hanno aperto spazi nuovi per l’umanità: la libertà, la coscienza di esser popolo, la uguaglianza, la giustizia, la scienza e tecnica, la filosofia, l’arte, la coscienza del sé. Resta ancora fuori dalla nostra esperienza, la fraternità. Nessuna rivoluzione sarà capace di imporla: nemmeno la Chiesa. La “Collegialità” dovrebbe esser un segno di questo sogno di Dio; ma la Chiesa tuttora rimane piramidale e sessista, basta guardare ai ministeri nella comunità: le donne svolgono tutti i servizi essenziali, ma partecipano al massimo come “ministri straordinari”.
2) Nella storia del cristianesimo il recupero del “Sacro” ha esigito la separazione e il tabù. Con la morte di Gesù il velo del tempio si era lacerato in due; l’unica mediazione rimaneva l’umanità di Gesù, Figlio di Dio. Ci siamo sentiti orfani senza il tempio e il sacro ed ecco allora i sarti per ricucire il velo. Anche gli Apostoli erano andati in crisi quando furono cacciati dal tempio perché seguaci di Gesù. Il tempio è il luogo del potere della mediazione umana. Luogo delle devozioni e dei pellegrinaggi al santuario dove al centro c’è la nostra consolazione, non l’incontro con la Parola che risuona: “effetà” Apriti, esci, incontra, vivi…
3) La grande tentazione della Chiesa resta sempre la “mondanità” a cui papa Francesco continuamente fa riferimento. Si portano all’interno della Comunità dei credenti i criteri , valori, concezioni della società civile. Ci sentiamo in concorrenza con il mondo in cui siamo; creiamo strutture parallele (sia pur per la nostra carità che sostituisce la giustizia). Cerchiamo protezioni legislative al libero Vangelo. Vogliamo ruoli riconosciuti e stipendiati; titoli onorifici e presenze di facciata nei consessi laici. Presentiamo perfino candidati fidati (leghisti o meno) alle elezioni come è successo nella mia diocesi. Siamo amici di dirigenti politici ed economici di persone senza scrupoli, ma sempre per… il bene della chiesa.
Come il mondo moderno deve garantire la possibilità della vita per il futuro, anche la Chiesa è chiamata a purificarsi, ritornando alla relazione dell’Umanità di Gesù unica mediazione dell’amore del Padre per l’umanità, nella libertà dello Spirito e nel servizio umile agli scarti di oggi, perché nessuno vada perduto. Una Chiesa libera e serva può dialogare con gli uomini e le donne del nostro tempo e presentare il Sogno di Dio, il suo Regno che rompe ogni legame di morte.