Testimonianze di pretioperai su Carlo Carlevaris (2)
Si è spento all’età veneranda di 92 anni il 2 luglio 2018, con 68 anni di ministero presbiterale, un profeta della Chiesa torinese, un amico dei poveri, un riferimento critico per borghesi illuminati, un prete operaio: Carlo Carlevaris.
Anzi, dopo la morte nel 1988 di Sirio Politi di Viareggio, è stato il decano dei preti operai italiani. Per me ha costituito una punta di diamante, che ha inciso sulla mia pelle l’effetto Concilio Vaticano II nella “scelta preferenziale dei poveri”, intravista a quel tempo nella classe operaia foriera di un intuito messianico.
Reduce dall’esperienza della “Missione operaia” parigina e dei preti operai francesi (1965), Carlo Carlevaris ha introdotto a Torino i fermenti di una evangelizzazione a partire dal basso, che già allora pareva anticipare la “Chiesa in uscita” di papa Francesco. Si trattava di riagganciare il mondo operaio, che la Chiesa aveva spesso trattato da avversario per le sue posizioni politiche. Attorno a Carlo si è costituito a Torino un primo nucleo di chierici del Seminario e preti che hanno intrapreso la via della fabbrica, non come cappellani del lavoro, ma come operai, sottoposti al ritmo di ogni altro lavoratore dipendente.
L’incoraggiamento ci veniva dato da Padre Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino, il cui motto episcopale era: ”Evangelizzare i poveri”, per lui i primi clienti della buona Notizia. Egli voleva che i poveri sentissero la Chiesa solidale con loro; vertice del suo insegnamento è stata la “Camminare insieme”, lettera pastorale nella quale si guardava ad una “povertà di classe”, cui dare risposte concrete. Carlo ebbe un grande ruolo nella stesura di questa lettera e nel persuadere il Cardinale a presenziare in quegli anni tra gli operai della Fiat accampati nella tenda a Porta Nuova.
Con Carlo ho fatto un lungo cammino da allora, sperimentando nei posti di lavoro l’esserci dentro, nella condivisione e nel sostegno delle giuste rivendicazioni, in un crescendo di spiritualità alla Voillaume: “Per loro, con loro, come loro”.
La scelta dell’incarnazione, cui ci orientava Carlo, era molto vicina a quella di Charles de Foucault e diventava per noi un invito a scioglierci nel mondo senza però perdere la peculiarità della profezia evangelica.
Carlo Carlevaris ha sempre mantenuto lo spirito delle sue origini umili: dalla formazione nel Seminario del Cottolengo, da viceparroco, poi da Assistente dell’Azione cattolica, quindi da Cappellano del Lavoro.
L’esperienza operaia alla Berto Lamet ha costituito per lui una svolta radicale e l’inizio di peripezie non indifferenti.
Il metodo della Revisione di vita (vedere, valutare, agire) è stata una costante per noi preti operai: ogni quindici giorni nella mansarda di Via Belfiore 12 (casa di Carlo) e una volta al mese al livello regionale in Via Vittorio Amedeo 16 (sede della Pastorale del Lavoro).
Carlo ha il merito di aver introdotto in Diocesi e in Italia il Movimento della GIOC (Gioventù operaia cristiana) e dell’END (Equipe Notre Dame); di aver fondato a Torino il Centro Studi Bruno Longo; di aver avviato il Progetto Comune e il CMO (Cristiani nel mondo operaio).
Sempre atteso e apprezzato il suo intervento nei Convegni nazionali annuali dei Preti operai e quale rappresentante italiano nei Convegni internazionali dei Preti operai.
Suoi amici ispiratori e collaboratori furono: don Michele Do, don Primo Mazzolari, padre Umberto Vivarelli, padre David Maria Turoldo, don Sirio Politi, Mons. Bettazzi di Ivrea e Mons. Battisti di Udine…
La biblioteca personale, curata attentamente dagli amici, sarà certamente una grande risorsa per la storia dei Preti operai e per la vita della chiesa post-conciliare.
Infine lo voglio ricordare così:
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Prete soprattutto dei lontani, che salivano fino alla mansarda del quarto piano per ricerca, confronto, consiglio.
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Ministro dell’Eucarestia del giovedì sera al quarto piano, nella cappellina domestica aperta a tutti quelli che volevano un “cibo solido” (Ebrei 5,14).
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Prete operaio, che non permetteva lo scoraggiamento, ma con un sorriso spontaneo ti rassicurava: “Quando vuoi passare di qui, la porta è sempre aperta”.
Grazie, Carlo. Per me maestro, padre, amico.
Beppe Orsello