Saluto di una giovane donna “ereditiera”

di Carmen Zucca

Ho bisogno di scrivere e comunicarvi i pensieri che dalla morte di Cesare mi martellano la testa.
È una sofferenza questa morte: ma non scriverò su questo, sulle lacrime che continuo a versare… perché non è solo questo la sua morte/la sua pasqua.
Voglio parlarvi dell’eredità  che sento mi ha fatto dono.
Sono una povera giovane donna ereditiera.
Lui mi ha fatto dono di un modo, stile di vita che mi rende ricca dell’acqua che disseta, del pane che sfama: mi ha fatto incontrare Dio. Mi ha mostrato cosa significa essere figlio di Dio: perché lui è questo. Ieri al funerale era questa cosa che si respirava: nessun mito, eroe ma un semplice, seppur eccezionale, Uomo/Figlio di Dio. Con totale gratuità e umiltà lui si è offerto a noi poveri ergendoci spesso a suoi “padroni”… È impossibile esprimere a parole la gratitudine che sento per quest’uomo che ha fatto di me povera una sua pari in dignità e ricchezza d’animo, di fronte a una vita che spesso invece mi ha offeso e denigrato. Grazie uomo/figlio di Dio.
Vedere i molti compagni mi ha immensamente emozionato tanto da sentirvi l’altra mia eredità: un gruppo umano impegnato seriamente nel cammino di liberazione di cui Cesare era, nella nostra comunità, il padre e io ne sono la figlia e voi miei cari i miei fratelli. Chiunque si incamminerà in un cammino di liberazione sarà la mia eredità e io ogni qualvolta compirò un passo di liberazione mi sentirò un pezzo dell’eredità che la vita/opera di Cesare ha fatto emergere.
Infine ringrazio dal profondo del cuore i fratelli e le sorelle che sono stati accanto a Cesare fino alla fine non lasciandolo mai solo, rappresentando la mia presenza/assenza… Grazie!! Ciao, Cesare!!


 

Tra il grido e il silenzio noi abbiamo scelto la parola

di Mario Vitale

Riguardo a Cesare volevo comunicare i sentimenti che ho provato, nel periodo della sua malattia. Devo essere sincero, siamo riusciti a vederci poco perché io ero in serie difficoltà nel gestire la relazione con lui malato e questo mi dispiace ma è andata così.
Mentre mi ha colpito molto la sera in ospedale quando sono andato a trovarlo la sua lucidità e ancora una volta il suo sguardo era fisso nei miei occhi, e la sua dignità nella sofferenza. Pensa, salutava tutti e ringraziava come era suo solito fare chi andava via. Altra cosa che mi ha colpito quando ha visto che io Rino e Luciano siamo arrivati ci ha detto: «be’, visto che siete venuti qui, adesso mi portate a casa vero?».
Quando il giorno dopo sono venuto a Mirazzano e lui era al centro della sala la sensazione è stata – non so – particolare- Il vedere Cesare lì comunque al centro e con dietro di lui sulla parete quel quadro dove c’è scritto “tra il grido e il silenzio noi abbiamo scelto la parola” mi è venuto in mente tutto il cammino fatto con lui e posso solo dire che è vero, è grande il vuoto che Cesare ha lasciato andandosene, ma è altrettanto vero che ci ha dato tanto e l’eredità come lui la chiamava che ci ha lasciato ci resterà per sempre.
Sì, voglio ricordarlo così con il suo sguardo pungente e penetrante volto a farti dire sempre “Tu cosa pensi di questa cosa, cosa pensi di fare?”.
Poi il suo grande esempio di vita resterà indelebile nella mia mente, la sua scelta di povertà fino a fare l’operaio turnista. Sì, quando gli dicevo «Cesare devo fare la notte» lui stava male al posto mio e si azzittiva, pensando all’ingiustizia e allo sruttamento che come lui ci ha spiegato bene il modo di produzione capitalista mette in atto.
Comunque, grazie Cesare, per me lui è sempre presente anche se con il suo corpo si è assentato, e infine volevo ringraziare il Signore per avermi permesso di incontrare Cesare.


 

Si pensa sempre che la morte arrivi… dopo

di Piero Montecucco

Caro Sandro,
mi è spiaciuto molto non aver partecipato al funerale di Cesare.
Ma più ancora mi rammarico di non essere più venuto a visitarlo. Si pensa sempre che la morte arrivi… “dopo”…
In questi giorni ho ripensato un po’ alla figura di Cesare e mi sono accorto che ci ha lasciato una testimonianza importante. Certo, non devo dirlo a te, e a Luigi, che avete condiviso con lui tanti anni di vita… Ma anche per me è stato un grande esempio.
Ho apprezzato in lui la capacità di cogliere la sostanza degli eventi, di andare sempre al di là delle apparenze…
I suoi fax dal Salvador e i suoi quaderni meriterebbero forse una rilettura.
Un’altra cosa che mi ha colpito è stata la sua grande preoccupazione di spendere al meglio la sua vita, di dare tutto quello che poteva dare, anche a costo di andare contro se stesso.
Ricordo una sua partenza per il Salvador in cui non riusciva a nascondere la fatica e l’angoscia per quello che andava ad affrontare.
Forse è stata proprio questa la sofferenza che lo ha accompagnato negli ultimi tempi: il non sapersi arrendere, la coscienza di dover andare avanti e l’essere costretto a fermarsi…


 

Amore è percepire con chiarezza e rispondere con esattezza

di Gigi Trezzi e Raffaella Ferrari

Don Cesare Sommariva, un costruttore di Pace

“La storia non è il risultato di un’elencazione di fatti, ma di quelle cose che si ritengono importanti comunicare.”
Fare un ritratto esauriente di don Cesare è impossibile perché ognuno ha raccolto da lui quello che l’ha aiutato a crescere. Noi l’abbiamo conosciuto 37/38 anni fa e di episodi da raccontare ne conosciamo molti, ma quello che ci sembra importante comunicare di Cesare sono tre cose:

1. La passione verso gli ultimi
. Credo l’avesse maturata durante gli anni di seminario e durante gli incontri con don Milani a Barbiana e, in seguito, a Pero. Qui in quartiere, il suo primo impegno è stato quello di dare la parola agli adulti che lavoravano nelle fabbriche come operai. Diceva: la gente le cose le sa, ma non ha abbastanza parole per esprimerle. È nato così con il nostro impegno, prima nei confronti degli adulti, con le scuole popolari e casalinghe e poi nei confronti dei loro figli con i primi doposcuola perché ogni uomo potesse avere gli strumenti per conoscere la realtà e potesse così scegliere con competenza.

2. La lealtà nei confronti della Chiesa e delle gerarchia.
Mi sembra importante sottolineare questo suo aspetto, molto spesso non conosciuto. Ogni attività e ogni percorso che preparava per adulti o giovani, veniva sempre comunicato al Vescovo. Quando ha scelto di diventare prete operaio, non l’ha fatto di nascosto, ha chiesto l’autorizzazione al suo Vescovo per ben sei volte.

3. L’impegno affinché nessuno buttasse via la sua vita.
La sua preoccupazione principale era che nessuno né tra i giovani, né tra i meno giovani, vivesse una vita anonima, legata alle chimere del consumismo o con una visione del mondo qualunquista o fatalista. Non accettava nemmeno che uno, giovane o adulto, subisse la propria situazione. Ci ha sempre riunito invitando persone competenti che ci spiegassero a fondo i meccanismi del sistema.
Tra le proposte c’erano anche proposte di impegno e di fede. Spesso siamo andati a Taizè appunto per vivere un’atmosfera diversa, respirare un’aria nuova. Le sue proposte erano sempre di impegno, anche a chi, come me, lavorava in fabbrica per tutto un anno.
Alla fine della sua vita di lavoro è andato in Salvador per poter restituire qualcosa a quelle gente che ci ha dato figure come il card. Romero.
Infine vi proponiamo una frase che ci ha sempre guidato nel nostro impegno: Amore è percepire con chiarezza e rispondere con esattezza.
Settembre 2008 

Nel numero 81/2009 si possono leggere due brevi lettere su Don Cesare: qui
Nel numero 86/2010 uno studio di P. Todeschini: Don Cesare Sommariva e don Milani (qui)


 

Share This