Sguardi e voci dalla stiva: lavoro


 

Berlusconi è il bugiardo più sincero che ci sia,
è il primo a credere alle sue menzogne.
Quando piange, alcuni pensano che le sue siano lacrime di coccodrillo:
niente affatto, sono lacrime vere.
E’ questo che lo rende così pericoloso. Non ha alcun pudore”.
(Indro Montanelli)

 

I tempi che stiamo vivendo sono come avvolti da una densa coltre di menzogna, che ti tarpa le ali, che ti spegne quasi sul nascere ogni desiderio o slancio di reazione. Mi è corsa alla mente la fotografia scattata nel 1991, durante la guerra in Iraq, di un cormorano incatramato dal petrolio fuoriuscito in mare da una raffineria e che – evidentemente – è rimasta simbolo oltre che di quella guerra anche simbolo dei falsi di guerra.
Si vive in una quotidiana paura, anzi certezza di essere imbrogliati: situazione che ti educa lentamente a “ crescere diffidenti” di tutti e di tutto.
Ti viene una gran voglia di gridare a questa situazione di ingiustizia, di falsità. Ma poi ti chiedi: E gridare contro chi? E vale la pena gridare da soli o è meglio con qualcuno? E poi: con chi?
E così la voglia di gridare si tramuta quasi in uno sterile lamento, che a lungo andare ti incupisce l’animo di rassegnazione.

Leggendo alcuni commenti alle ultime vicende FIAT, mi è capitato di trovare due citazioni dal Capitale di Marx.
La prima:

Non basta che le condizioni di lavoro si presentino come capitale a un polo e che dall’altro polo si presentino uomini che non hanno altro da vendere che la propria forza-lavoro. E non basta neppure costringere questi uomini a vendersi volontariamente. Man mano che la produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione” ( Capitale 1, VII,3).

Il liberalismo, anche quello più bonario, ha come scopo la conservazione di un mondo diviso tra padroni e schiavi.

La vicenda dei tre operai licenziati dalla Fiat e reintegrati dalla magistratura può dimostrare infatti, oltre la volontà totalitaria dell’azienda, anche il potere esercitato dalla ideologia sulle coscienze: la Fiat non li vuole in fabbrica; gli operai rivendicano il loro ‘ diritto al lavoro’, il non voler essere ‘parassiti’, cioè retribuiti senza lavorare. Eccoci allo schiavo che rivendica il suo ‘diritto’ a essere sfruttato, il suo diritto di lavorare alla ‘catena’!
Già, i diritti. Ma di fronte al contratto capestro che i lavoratori della Fiat sono stati costretti a sottoscrivere, pena la perdita del posto di lavoro, i diritti possono sembrare solo una finzione.
Scriveva ancora Marx:

“ Lo schiavo romano era legato al suo proprietario da catene; l’operaio salariato lo è al suo da invisibili fili. L’apparenza della sua autonomia è mantenuta dal continuo mutare dei padroni individuali e dalla ‘ fictio iuris’ del contratto”. ( l Capitale , I, cap. XXII).

Certamente, in un’economia globalizzata dove il mondo continua a girare secondo le regole che se mangiano i lavoratori tedeschi, quelli polacchi o i cinesi, non mangiamo noi e viceversa, parlare di tutela dei diritti può sembrare soltanto un inutile lusso. E questa parola ‘ lusso ‘ è riecheggiata fortemente in occasione degli accordi proposti dalla Fiat. Anche la sinistra DS ha sostenuto che era necessario accettare le nuove regole, in quanto, oggi, la prima esigenza da soddisfare è che l’investimento non vada altrove.
Si è evidenziata così una sostanziale convergenza, sia a destra che a sinistra: l’emergere di un pensiero unico che di fronte alle sfide imposte dalla globalizzazione non sa rispondere in altro modo che riducendo i diritti. E’ un’ ideologia che non ammette modelli alternativi di convivenza.
E allora che fare? Dobbiamo rassegnarci o ribellarci alle bugie di chi ha in mano il potere? La democrazia, però, non può tollerare a lungo la menzogna, perché nessuna forma di vita sociale può fare a meno della verità.

Concludo ricordando una frase della didascalia che apre la sezione della rivista “ Sguardi dalla stiva ”: anche se è vero che “ gli sguardi dalla stiva non pretendono la visione panoramica che si può fruire stando sul ponte di comando”, ritengo tuttavia che sia ancora l’unica posizione che permette di stare nella storia con il gusto della verità e della giustizia.

 

Gianni Alessandria


 

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