IN QUESTO MONDO A RISCHIO
QUALE CHIESA?
Bergamo / 13 giugno 2015

Contributi


 

Mi scuso se non sono riuscita a mettere a punto una riflessione compiuta su tematiche che abbiamo in comune. Ma ve ne anticipo volentieri alcune tracce offerte dal pensiero e dalla vita di Camus che, vi parrà singolare, nel suo porsi nei confronti della vita mi ha ricordato don Sirio e tutti voi nell’ostinato mettere l’uomo al centro del tema della giustizia e della solidarietà.
Su Camus, laico per eccellenza, Flores D’Arcais ha scritto un saggio breve e illuminante1 che sto leggendo in questi giorni. Inizia con un’intervista alla figlia Catherine (curatrice de Il primo uomo – autobiografia uscita postuma) che pone la tematica uomo, centro del suo universo finito, come perno intorno al quale ruota l’intero percorso del padre che aveva forte la volontà di ‘parlare per coloro che non possono farlo da soli’. È stato ripercorrendo il filo del suo pensiero che mi è parso di scorgere consonanze con valori a voi cari.
Il senso ultima della vita era per lui nel coraggio di scegliere ogni giorno il proprio cammino, rendendo evidente l’essere di parte, mai neutrale, un modo laico di quel ‘rendere testimonianza’ alla quale Papa Francesco ci richiama fortemente e alla quale voi siete stati fedeli.
La fedeltà è un altro tema caro a Camus, l’eretico della gauche che, come sottolinea Flores D’Arcais, non ha voluto sottomettere la centralità dell’uomo alla idolatria della Storia, posizione che lo ha dolorosamente isolato dagli intellettuali del tempo, come voi lo foste dalla gerarchia. Credo che sia stata e sia tutt’ora la fedeltà all’uomo incontrato sul lavoro, nelle periferie, negli ospedali che vi ha portato a uscire da una situazione di privilegi per camminare lungo le strade del mondo.
Anche la sua vocazione mediterranea, il volere rimanere francese e algerino insieme, la ferita dolorosa e lacerante sulla guerra d’Algeria, lo accomuna al vostro impegno accanto agli immigrati dei quali non negate l’identità. La condizione di intellettuale di origine pied noir e proletaria, da una parte rende Camus intransigente nella difesa della tradizione libertaria, dall’altra è vista dagli intellettuali francesi come un minus da scontare con una sorta di esilio sociale. Ma su queste tematiche, sulla sorte comune di essere stati solitaire, solidaire, come dice Catherine, rimando la riflessione ad altri momenti.
Prima di concludere voglio ringraziare tutti voi, uno per uno, per quanto avete detto nei vostri interventi, sono cose preziose: ogni volta che ci vediamo, tornando a casa mi sento nutrita da quello che voi siete e condividete. Fra l’altro la proposta di Luigi di trovare il modo di intervallare ogni singolo racconto di vita, perché di questo si tratta, per darci il tempo di assimilarlo, mi sembra ottima. Si può fare con brani musicali, col silenzio, con un gesto individuale o collettivo che ci faccia partecipare attivamente allo scambio. Mario, maestro di sceneggiature, troverà il modo.
Quanto alla domanda reale o retorica posta da Roberto circa il senso dell’andare avanti con gli incontri annuali, mi trovo dalla parte di chi li trova importanti. Capisco che voi p.o. della Lombardia vi vedete periodicamente, ma dare la possibilità anche a chi vive in altre regioni di uno scambio vivace di relazioni, mi sembra prezioso, perché la vostra esperienza ha lasciato una traccia importante nella storia della Chiesa.

 

Maria Grazia Galimberti

1 Flores D’Arcais, Camus filosofo dell’avvenire, con un’intervista a Catherine Camus, “Mio padre solitaire, solidaire”, MicroMega


 

Share This