Editoriale
Trent’anni fa padre Ernesto Balducci scriveva: “l’unica speranza di sopravvivenza è legata all’ipotesi che lo spirito di solidarietà prevalga sui popoli e sulle classi in modo che, anche nel senso politico dell’espressione, la Terra sia di tutti”. Il suo libro inizia citando il Messaggio che Einstein inviò a tutta l’umanità nel gennaio del 1955 che termina con queste parole: “Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto”. Per lo scienziato la nuova universalità inaugurata dall’era atomica appella a una nuova coscienza morale. Il fatto inedito che il destino dell’intera umanità dipenda dalle scelte umane e non dalla fissità dei dati di natura colloca la specie umana nell’area della contingenza. La catena delle generazioni potrebbe spezzarsi non come prodotto del fato ma per una sequenza di eventi che dipendono da scelte umane. Ne l’Uomo planetario padre Balducci chiama in causa le grandi religioni mondiali, oltre che le chiese cristiane con le loro differenze, ad assumere in proprio come compito condiviso la salvezza storica dell’umanità.
A metà degli anni ’80 la fonte primaria di preoccupazione per il nostro autore erano le testate nucleari seminate nel mondo, in presenza della guerra fredda. Nel frattempo a questa minaccia, che rimane sempre latente, si sono aggiunti nuovi elementi che vanno nella direzione della distruttività. Nel 2012 James Hansen1 rilasciò la seguente dichiarazione: “L’eccesso di accumulo energetico dovuto all’effetto serra è pari all’esplosione di 400.000 bombe atomiche di Hiroshima al giorno, 365 giorni all’anno”. Così ora viene chiamata in causa la quotidianità, la normalità della vita, della produzione, del consumo, del mercato, dei nostri modi di occupare la terra, con il loro carattere ripetitivo, abitudinario. Si può anche essere ambientalisti o salutisti e portare il nostro quotidiano contributo al disequilibrio che avanza inesorabilmente.
Ascoltiamo la dichiarazione Carta della Terra, approvata nel 2000 e presentata al mondo, all’inizio del nuovo millennio2. Nel preambolo afferma:
“Ci troviamo ad una svolta critica nella storia del Pianeta, in un momento in cui l’umanità deve scegliere il suo futuro. A mano a mano che il mondo diventa sempre più interdipendente e fragile, il futuro riserva allo stesso tempo grandi pericoli e grandi opportunità. Per progredire dobbiamo riconoscere che, pur tra tanta magnifica diversità di culture e di forme di vita, siamo un’unica famiglia umana e un’unica comunità terrestre con un destino comune. Dobbiamo unirci per costruire una società globale sostenibile, fondata sul rispetto per la natura, sui diritti umani universali, sulla giustizia economica e sulla cultura della pace. Per questo fine è imperativo che noi, i popoli della Terra, dichiariamo la nostra responsabilità gli uni verso gli altri, verso la grande comunità della vita, e verso le generazioni future”
Nella conclusione si arriva ad affermare in maniera perentoria: “Come mai prima d’ora nella storia, il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio. […].Possa la nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione della lotta per la giustizia e la pace, e per la gioiosa celebrazione della vita”.
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Il tempo sta per scadere. Ormai non si parla più dei prossimi secoli, ma dei decenni che una parte rilevante degli attuali abitanti della terra saranno chiamati vivere. A dirlo non sono le solite Cassandre, ma addirittura autorità che sono ai vertici nella responsabilità politica.
La Commissione europea nel 2008 pubblicava un rapporto dal titolo Cambiamenti climatici e sicurezza internazionale dove si afferma: “Cambiamenti climatici non attenuati al di là dei due gradi produrranno scenari senza precedenti sul piano della sicurezza, in quanto porteranno probabilmente a una serie di punti di svolta da cui deriveranno ulteriori cambiamenti climatici accelerati, irreversibili e in larga misura imprevedibili”. E più avanti aggiunge:”anche se entro il 2050 le emissioni fossero ridotte a metà dei livelli del 1990, sarebbe difficile evitare un aumento di temperatura fino ai due gradi”.
Non mancano studiosi che presentano “uno scenario che giustifica il timore che il tracollo possa verificarsi anche prima che si sfondi la soglia dei due gradi centigradi”.3 Addirittura il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon è arrivato a parlare di “suicidio ambientale globale”.
Ci troviamo di fronte a un rischio sistemico. E solo un approccio sistemico che prenda in esame i vari fattori di instabilità con le loro interconnessioni può portare alla comprensione e all’adozione di misure urgenti ed efficaci. Un esame anche approfondito dei singoli aspetti si rivela assolutamente insufficiente. Ne parla papa Francesco nell’enciclica Laudato sì (LS): “E’ necessario cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo prendersi cura della natura”4.
C’è un orientamento di ricerca che identifica quattro fattori che concorrono e interagiscono: cambiamenti climatici, sviluppo economico, rispetto dei diritti umani, pace e stabilità. Sembrerebbero temi e discipline ben lontane tra loro. Infatti vengono trattati in maniera scissa. Invece solo nella loro connessione è possibile immaginare realistiche vie di uscita.
Sono solo accenni finalizzati ad indicare la complessità delle sfide che sono nei fatti e che è necessario affrontare da subito assumendo uno sguardo prospettico, non prigioniero dell’ansia quotidiana, ma col pensiero alle nostre prossime generazioni che hanno tutto il diritto di ereditare un pianeta che sia almeno vivibile.
Non potendo diffondermi ulteriormente penso sia utile riportare un grafico, ripreso dall’autore citato, che mette in correlazione i quattro aspetti sopra enunciati:
Aggiungo due annotazioni colte da Mastrojeni che recentemente ho avuto la fortuna di incontrare come correlatore a una tavola rotonda sulla Laudato sì a Bozzolo, il paese di don Mazzolari.
“Si tratterebbe di costruire un modello della «policrisi» paventata dal Collegium Internastional5 e sarebbe necessario considerare pericoli ambientali di tipo diverso che si sommano e interagiscono coi cambiamenti climatici, ma anche fattori non ambientali come i conflitti storici irrisolti, le problematiche di tenuta sociale e giustizia, le corse agli armamenti, il terrorismo, la dose di irrazionalità introdotta nell’economia dalla speculazione finanziaria, l’esaurimento delle risorse, la precarietà dell’interconnessione elettronica mondiale e via dicendo”6.
Il secondo testo si connette perfettamente con quanto padre Balducci scriveva nel suo L’uomo planetario:
“Nell’epoca della globalizzazione, l’unico orizzonte di equilibrio che ha senso considerare è quello planetario in tutte le sue componenti, naturali e umane. In un sistema in cui tutto reagisce a tutto, sarebbe inutile creare equilibri parziali o locali a spese di quello generale, poiché fatalmente il sistema reagirebbe rendendo naufraghi tutti i passeggeri dell’arca di Noè, compresi quelli che si erano illusi di viaggiare in prima classe”7
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L’autore di cui ho parlato, quando venne pubblicata l’enciclica di papa Francesco si trovava all’ONU. Ci ha riferito dell’accoglienza assolutamente positiva da parte di quanti operano in quell’ambito, pure nella loro diversità di appartenenze. Come dire: finalmente ci arriva un tale messaggio da un’autorità morale di caratura mondiale. In realtà in quella platea universale dispongono di dati assolutamente allarmanti sullo stato del pianeta. Pertanto una tale parola-appello non poteva che essere benvenuta.
Spostando ora l’asse del discorso sul fronte ecclesiale, a me sembra che l’indicazione che Francesco intende dare alle chiese e ai cristiani vada nella direzione di una piena assunzione di responsabilità sulle sorti del pianeta. Quando parla di conversione ecologica vuole indicare non semplicemente una spruzzatina di verde, ma un diverso rapporto con il mondo che ci circonda e nel quale siamo immersi: “Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un ‘esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”8. Tenendo conto di quanto più sopra aveva affermato: “l’interpretazione corretta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di intenderlo come amministratore responsabile”9.
Quanto papa Francesco dice utilizzando le parole della Carta della Terra – “come mai prima d’ora nella storia, il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio” – penso si possa applicare anche alla chiesa nella sua totalità. Riferendosi alla chiesa cattolica, poco dopo la chiusura del concilio Vaticano II padre Congar in poche parole sintetizzava un messaggio che risuona di assoluta attualità: “Si richiede che l’aggiornamento conciliare non s’arresti all’adattamento delle forme di vita ecclesiale ma si spinga fino ad un totale radicalismo evangelico e all’invenzione, ad opera della Chiesa, d’un modo d’essere, di parlare e d’impegnarsi, che risponde alle esigenze d’un totale servizio evangelico del mondo. L’aggiornamento pastorale deve andare fino là”10.
Penso che Evangelii Gaudium e Laudato sì esprimano questo orientamento: la chiesa deve riformarsi mettendo in primo piano il compito permanente di un totale radicalismo evangelico, assumendo in pieno anche la responsabilità che si collochi nell’ottica planetaria. Del servizio evangelico fa parte anche la salvezza storica dell’umanità, in analogia con il messianismo vissuto da Gesù, nella parola e nella prassi concreta. E’ ancora Congar che mezzo secolo fa indicava la direzione della riforma della Chiesa sottolineando il suo rapporto con il mondo nella sua storicità: “ Si tratta del mondo e della storia in tutta la loro estensione, densità, movimento e nei loro problemi; si tratta della volontà che i cristiani hanno d’esercitare le loro responsabilità nella costruzione del mondo, in riferimento al Regno di Dio” 11. Il mondo “ci impone i suoi problemi” non solo perché non è possibile sottrarci, facendone parte, ma perché la stessa nostra fede cristiana “Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri”12.
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Un accenno alla struttura di questo fascicolo
La prima parte raccoglie in prevalenza interventi dei PO lombardi. Sono riflessioni sul tema – “Svolta epocale e segni di speranza.”- che ci ha accompagnato nei nostri incontri dopo il convegno dello scorso anno e solo in parte riportate negli scritti che qui presentiamo.
Segue poi la sezione che prende il nome dal titolo del consueto appuntamento nazionale a Bergamo dal giovedì 9 a sabato 11 giugno prossimo: “Canbia la figura della Chiesa?”. La teologa Serena Noceti sarà con noi l’intera giornata di sabato nell’assemblea aperta tutti.
Le pagine successive vogliono essere la Memoria viva di due preti operai della diocesi di Bergamo: don Alessandro Dordi, ucciso nel 1991 in Perù dove svolgeva il suo ministero e recentemente beatificato; e don Gianni Chiesa che ci ha lasciato nel novembre scorso.
Infine tre interventi che ci sono giunti per essere pubblicati e la segnalazione di un libro che narra la scomparsa di una comunità di Piccoli Fratelli del Vangelo, l’ultimo dei quali sparì nelle tenebre di un centro di detenzione clandestino nel 1977. Si era nell’Argentina del generale Videla.
Roberto Fiorini
1 James Hansen è direttore del Goddard Insitute for Space Studies della Nasa.
2 E’ facilmente reperibile chiamando questa voce in internet.
3 G. Mastrojeni, L’arca di Noè. Per salvarci tutti insieme. Chiarelettere Milano 2014, 132
4 LS 139.
5 Il Collegium etico, politico e scientifico internazionale è impegnato, secondo i suoi fondatori “per rispondere in modo intelligente e con forza alle sfide decisive umanità di fronte”. Membri Collegium e membri associati, sono scienziati, filosofi e capi attuali ed ex di Stato e di governo. Tra gli altri ricordo Edgar Morin, Jürgen Habermas, i premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen.
6 L’arca di Noè, 133.
7 Ivi 206.
8 LS, 217
9 Ivi, 116. 118.
10 Y. Congar, Vera e falsa riforma nella Chiesa, Jaka Boock Milano 2015, 12.
11 Ivi, 12.