Memorie vive:
Toio (4)
In questi giorni si stanno moltiplicando le parole di commiato e di ricordo legate alla figura di Toio Delpiano, prete operaio, artigiano fine, uomo profondo che ha appena abbandonato la sua esistenza terrena lasciando un’impronta che rimarrà indelebile. Abbiamo raccolto, tra i tanti ricordi, tre brevi lettere che forse potranno aiutare i pochi che non lo hanno conosciuto a farsi un’idea di questo grande personaggio…
Ho diviso la mia infanzia fra la Val Maira e San Benedetto Belbo. Proprio lì, nella vecchia scuola del paese, venivo in gita con l’Estate Ragazzi della Parrocchia del Duomo di Alba. Per cui ho imparato ad amare quei luoghi fin da piccolo. Ne ho scoperto una magia, un senso, un profumo che mi ha pervaso le ossa fin dall’adolescenza.
Ricordo i giochi notturni, le prime cotte da batticuore e l’emozione di stare insieme in semplicità con gli amici. Quell’atmosfera unica di vivere insieme e di dormire sotto lo stesso tetto.
Per me San Benedetto Belbo era un posto del cuore prima ancora di conoscere Toio.
Iniziavo ad intuire come mai fosse un luogo fenogliano. Perché era un posto dell’anima e dello spirito.

Toio l’ho conosciuto nel 2004.
Giravo un piccolo cortometraggio per la scuola e una mia compagna di classe di Bossolasco mi disse che c’era una persona a San Benedetto Belbo che avrebbe potuto ospitarci per i giorni necessari alle riprese.
Rimanemmo 4 giorni da lui. Toio e Lorenzo mi accolsero da a prescindere. Fui subito folgorato da quel modo e da quello stile di vita.
Ricordo qualche anno dopo, quando tornai per girare un altro lavoro, la sorpresa di mia madre che un giorno, venendoci a trovare, trovò tutto aperto, ma senza nessuno in casa.
I miei genitori quel giorno avevano portato dei sughi fatti in casa e del vino. E proprio in quel momento arrivò una signora.
Non ricordo chi fosse. Ma aveva una torta appena fatta in casa che appoggiò sul tavolo della cucina.
E disse loro: “Qui è così. Chi ha bisogno, può venire a prendere. Chi può, porta qualcosa”.
E’ stato l’inizio di una profonda amicizia. Per me Toio è stato come un fratello. Un fratello maggiore che mi ha insegnato l’essenza della vita.
Negli anni sono tornato spesso a San Benedetto Belbo.
C’era sempre un posto per dormire, un piatto con qualcosa da mangiare e tante discussioni da fare insieme.
Anche io, nel mio piccolo, venivo per cercare l’ispirazione. Per cercare qualcosa.
Con Toio spesso si parlava di film e delle sue sceneggiature. Perché Toio sapeva far tutto.
Mi piaceva la sua visione di quel Gesù di cui era profondamente innamorato. Mi toccava il fatto che quel “Don” non se lo vedesse bene addosso, perché “Don” mi aveva spiegato, per lui era solo Dio.
Lo sentivo critico nei confronti di quella Chiesa da cui si sentiva sempre molto distante, eppure in cui sapeva stare dentro. A suo modo, a sua maniera.
Oggi finisce un’era. Oggi qui a San Benedetto Belbo si conclude un’epoca.
Per la quale credo avremo tutti a ringraziare in eterno, per averla vissuta e incontrata nella nostra vita.
Toio non c’è più.
L’ultima casa senza chiavi delle Langhe perde il suo custode più prezioso.
Eppure oggi, rimaniamo noi.
Proprio a questo pensavo in questi giorni.
Rimangono Giovanni e Graziella che proprio dietro a casa di Toio hanno costruito un altro bell’angolo di Paradiso e hanno trasformato la scelta coraggiosa di vivere in un modo diverso i nostri giorni, in un esemplare percorso di vita.
Rimangono Ivo e la sua bella famiglia in cui vedo lo spirito della Terra, della tradizione, del profondo rispetto per la natura e per la vita.
E rimanete tutti voi che con la luce della casa di Toio avete illuminato i vostri passi e le persone che avete accanto.
Tutti abbiamo preso un pezzettino di quella vita straordinaria e coraggiosa.
Perché le scelte di Toio lo sono state davvero.
Dove troveremo oggi un’altra casa pronta ad ospitarci in qualunque momento, chiunque ci si presenti davanti?
Dove troveremo ancora porte che non conoscono chiavi?
E ancora un pasto caldo, un letto in cui dormire?
Dove troveremo ancora una casa slegata dall’economia e dal denaro?
Solo Toio insieme al buon Lorenzo ha avuto il coraggio che serve per donare così tanto.
Toio lo sapeva. Non stiamo andando incontro a tempi facili. Su questo il suo pensiero era molto fermo. Come sempre, non le mandava a dire.
Anche questo virus è solo la prima di tante ben più difficili battaglie a cui saremo chiamati.
E allora proprio qui, a San Benedetto Belbo, dove dimora una fiamma di speranza permanente, in questo luogo di lotta partigiana e di ispirazione fenogliana; qui, dove Toio ha costruito un piccolo paradiso in terra slegato da tutte le logiche di quest’epoca moderna dalle quali anche noi facciamo fatica a slegarci; qui alla fine di un’epoca, a noi che rimaniamo, va l’augurio più grande.
Oggi è il tempo in cui smettiamo di imparare da Toio, ma dobbiamo iniziare a mettere in pratica quello che abbiamo visto fare a lui.
Che San Benedetto Belbo rimanga un luogo di lotta, dove un mondo diverso possa ancora essere possibile.
Che questo sia sempre un luogo a cui tornare.
Che ci possa insegnare a staccarci dal materiale di cui viviamo.
Un posto dove una luce, anche nella più buia delle notti, sarà sempre accesa.
Toio ci lascia in eredità un percorso iniziato tanti anni fa.
L’augurio è che adesso che lui se ne è andato, possiamo trovare la forza e il coraggio di dar voce e vita a quell’esperienza che tanto ci ha dato.
Caro Toio, vecchio amico, la morte, diceva qualcuno, è solo un’altra via. Dovremo prenderla tutti un giorno.
Ci incontreremo ancora. Hai voluto andare avanti tu per farci trovare, quando sarà il momento, un’altra casa aperta, un altro pasto caldo e un posto dove ritrovarci e stare nuovamente insieme.
Buon viaggio amico mio e tanti tanti auguri a tutti noi.