Fraternità di Lessolo
Scrivere cosa è stato per noi don Renato è difficile, non tanto per ricordare i vari aspetti della sua persona, gli episodi passati insieme, le discussioni, le esperienze, la ricerca di fede, ma, soprattutto, per cercare di trasmettere l’essenziale.
Per prima cosa non l’abbiamo mai chiamato don, ma semplicemente per nome. Non per sminuire il suo essere prete, ma per amicizia. Quando siamo partiti dopo la terribile notizia per andare ad Ivrea, abbiamo detto a qualcuno che stavamo andando al funerale di un amico, ma ci siamo subito resi conto che la parola amico ci stava un po’ stretta. Renato era qualcosa di più per noi e per la nostra famiglia: una colonna portante del nostro vivere: la sua fede, i suoi pensieri, la sua vita, ma soprattutto la sua grande umanità.
Renato e Nino (Don Antonio Nigra): un binomio fondamentale per noi. La loro visione del mondo ha sempre illuminato la nostra vita dandole un senso profondo. E quando la vita ha un senso, una profonda felicità ti pervade e una grande forza. E questo lo dobbiamo a loro. Non abbiamo più incontrato persone con così grande spessore nel corso degli anni!!!
Renato ha accompagnato la nostra vita per più di quarant’anni. Abbiamo vissuto insieme nella comunità di Banchette e insieme a Nino è sempre stato presente a tutti gli appuntamenti importanti: anniversari, matrimoni, morti, nascite: l’ultima è stata la benedizione che hanno dato al piccolo Nino, il bimbo di Manù, la scorsa estate. E che dire delle sue visite qui in Toscana e gli incontri assidui a Ivrea?
Banchette, Lessolo. Un unico filo ha tenuto insieme le sue scelte. Lui con quella intelligenza sopraffina e la sua capacità analitica, preziose per qualsiasi lavoro intellettuale, si piegò al lavoro manuale e al sudore del corpo, dalla prima scelta a Banchette di lavorare in fabbrica fino alla fraternità di Lessolo, prima in falegnameria, poi ricurvo a fare i lavori nell’orto.
E poi l’accoglienza dei più bisognosi, dei più indifesi, degli esclusi. La sua scelta non era semplicemente quella di aiutare i più poveri, di sostenerli, di condividere la loro vita. No, era qualcosa di più profondo. Quello della ricerca dello stesso loro punto di vista, della stessa angolazione da cui i poveri vedono e giudicano il mondo. Era una collocazione dalla quale correva il rischio di non essere “oggettivo”, di essere radicale, a volte di essere scortese e duro. Era un rischio che Renato conosceva bene, che consapevolmente correva per essere aderente alla sua scelta e alla sua fede.
La sua ricerca non era senza sforzo, non era senza dolore. A partire dal terribile dolore fisico dovuto a un’artrosi, che forse l’ha ucciso, mentre con abnegazione continuava il faticoso lavoro nell’orto. Fino alla coscienza che quella sua scelta e il modo di esservi fedele l’avevano messo un po’ in disparte nella chiesa, lasciato ai margini.
Ma la sua tristezza che a volte scoprivi quando affrontavi l’argomento era coperta da quel suo modo bonario, da quel sorriso pieno di compassione per tutti, che indicava quanto profondamente umana fosse la sua fede in Gesù e nel suo vangelo. A Torre Balfredo per anni nella messa domenicale Renato dava con le sue omelie non solo una intelligente interpretazione della parola di Dio, ma rivelava anche il cammino della sua ricerca di fede. Dava una toccante manifestazione del maturare della sua esperienza e della sua vita.
Se alcuni anni fa erano prevalenti le denunce e le accorate esortazioni, nonché le battaglie per una fede più matura e impegnata, negli ultimi tempi le omelie costituivano una riflessione più pacata in cui la compassione per gli uomini tutti era diventata prevalente, in cui lo sguardo benevolo di Gesù accompagnava lo sguardo dei poveri.
Queste omelie, che sono state diligentemente raccolte, costituiscono un lascito di grandissimo valore per quelli che non hanno avuto la fortuna di incontrare Renato in vita; e possono ritornare ad essere motivo di riflessione e di abbandono nel Signore anche per quelli come noi, che l’abbiamo tanto amato, e sollevare un po’ il nostro cuore che la sua assenza ha riempito di profonda solitudine.
Alda e Giorgio Nelli

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