Internazionalismo
Questa lettera è arrivata in Francia il 24 dicembre 1987; l’ha scritta un PO cileno
presente all’incontro dei pretioperai europei della Pentecoste ‘87 a Lione.
Miei carissimi amici e amiche,
il solo fatto di mettermi in rapporto con voi, mi fa rivivere la nostra amicizia e la gioia di aver conosciuto alcuni di voi durante il nostro viaggio di giugno-luglio, con Angel e Juan, nell’incontro dei pretioperai d’Europa a Lione.
Passando poi per la Francia, l’Italia, la Germania e il Belgio, sono rimasto meravigliato nel constatare come sia conosciuta la realtà cilena e come sia vissuta la solidarietà con il nostro popolo.
Qui stiamo vivendo in un “clima pre-plebiscito”.
Il responsabile di una dittatura che fa bruciare impunemente degli studenti, sgozzare dei militanti dell’opposizione, scomparire due mila detenuti, che tortura e perquisisce gli abitanti delle poblaciones (= i quartieri delle periferie urbane, fatti per lo più di costruzioni in legno e baracche), che in nome della sicurezza nazionale viola tutti i diritti umani dei poveri, degli studenti… questo responsabile non solamente non si ritira, ma osa presentarsi come “candidato di una vera democrazia” (secondo le scritte dipinte sui muri di Santiago in queste ultime notti… dai militari?).
L’opposizione (dall’80 all’85%, secondo i sondaggi) è per “elezioni libere”. Ultimamente ha trovato un accordo per rivolgere un appello a favore dell’iscrizione elettorale, perché si teme la frode del “plebiscito”.
La massa dei poveri resta indifferente e spettatrice, segnata da una situazione economica e di lavoro catastrofica, divisa e stanca. Le ultime manifestazioni “di massa” ne sono una prova.
Manca un progetto concreto dell’opposizione e mancano dei leaders per farlo camminare… (In questi giorni due giovani hanno iniziato uno sciopero della fame per spingere l’opposizione a un progetto concreto).
In questo contesto la Chiesa continua a restare divisa sia nella base che nella gerarchia: le ultime nomine vaticane non sono state fatte per niente. Si parla sempre meno dei diritti degli uomini, di opzione a favore dei poveri, di comunità di base… si parla sempre più di “riconciliazione”, dimenticando a quali condizioni questa può compiersi: giustizia, verità, libertà e perdono.
C’è una profonda delusione in quelli che incominciavano ad avvicinarsi alla Chiesa, nella misura in cui essa si stava avvicinando all’uomo e ai più poveri. A distanza di 8 mesi, il passaggio del Papa (a parte l’attrazione della sua personalità) non ha lasciato tracce né nella speranza dei poveri e neppure nelle scelte pastorali della Chiesa.
Il Dio di Maria che “rovescia i potenti e innalza i poveri” sembra che non sia ancora il Dio della Chiesa… Ma cosa significa allora quest’anno mariano?
Lo scandalo di un “Dio che si fa popolo” – come cantano le nostre comunità (nuestro Dios se hizo pueblo, algo nuevo esta naciendo) – non riesce a convertirci, anche se tutti gli anni noi rileggiamo il vangelo, rivivendo la sua venuta. Noi abbiamo talmente “liturgizzato” la venuta “attraverso la porta dei poveri” e liberatrice di Dio in Gesù, che la sua sfida ci sfugge, non la cogliamo più.
I potenti hanno fatto della mangiatoia un oggetto sentimentale e non il segno di un Dio liberatore che bussa alla porta della nostra storia, rifiutato dai credenti benpensanti di ieri e di oggi. Babbo Natale sostituisce colui che viene come buona notizia per i poveri! La festa del Dio dei poveri (preferenziale?), la festa dei poveri, dei senza-speranza, si è trasformata in festa dei ricchi in cui i poveri sono costretti a constatare la loro miseria, e gli si sottrae il “loro” Dio: Gesù, il povero, Gesù che si identifica con gli impoveriti e gli emarginati della storia… Ed è nella logica dei “potenti Erodi” di ieri e di oggi, il massacro degli innocenti, per ridurre al silenzio il gemito di Dio fatto carne povera.
Fortunatamente per il mondo e per la Chiesa, ieri e oggi continuano ad esserci dei pastori, dei poveri emarginati, degli esclusi dal banchetto, e dei ricchi che fanno propria la loro causa… gente che demolisce l’idolo di un Dio indifferente, imparziale, il Dio degli specialisti, dei potenti…
Sì, Natale è credere alla non-potenza del crocifisso e dei crocifissi della storia come potenza dei poveri e di Dio.
Il cammino delle comunità cristiane, il gran numero delle organizzazioni popolari di solidarietà… sono il segno della potenza e della “solidarietà di Dio” in mezzo a noi. In questo contesto un po’ buio della nostra realtà, è questa luce che risplende nelle tenebre che rafforza la nostra speranza.
Constatiamo che la potenza dello Spirito, lo scandalo di Betlemme, oltrepassa tutte le strutture per incarnarsi in queste comunità di base povere e impoverite, che si moltiplicano nelle nostre poblaciones, testimoniando la solidarietà mediante moltissime iniziative:
– ollas comunes (mense popolari)
– comprando juntos (cooperative di acquisto)
– comites sin casa (comitati di senza casa)
– talleres laborales (laboratori artigianali)
– équipos de salud (gruppi di salute)
– club de reabilitados (club di ex-alcoolisti)
– comites de defensa de los derechos humanos
– pro retorno (per il ritorno degli esiliati)
– defensa de presos politicos (difesa dei prigionieri politici)…
Sì, questa è la potenza, la scelta “per la vita” degli impoveriti di fronte a un sistema di morte.
È grave che né i dirigenti politici, né quelli ecclesiastici riescano a comprendere e accompagnare questo movimento storico.
Sì, è vero, “qualcosa di nuovo sta nascendo… il nostro Dio si è fatto popolo!”, cantano i poveri delle nostre comunità.
E noi PO?
Siamo in 4 a Pudahuel (una poblacion di Santiago). La stanza per gli amici è a disposizione dei nostri amici stranieri; nel frattempo, è occupata da famiglie in difficoltà, da giovani drogati, ecc. E uno se n’è andato con una bicicletta, un altro con la radio…; è “normale”: “se ti portano via la tua tunica…”
Quest’anno è stato duro per il lavoro nell’edilizia: 4 mesi di disoccupazione! Per fortuna Juan, Mario e Luis stanno attualmente lavorando.
La ricerca del gruppo di “missionari popolari” continua: c’è l’appoggio del vescovo di Valdivia. È appena finito il secondo anno di formazione sistematica, compatibilmente con il lavoro operaio e l’impegno pastorale.
Le undici comunità di base della “Oscar Romero” stanno facendo un bel cammino di fraternità, fede e solidarietà.
Il movimento contro la tortura “Sebastian Acevedo” si è sentito obbligato a moltiplicare le sue azioni di denuncia e protesta nella metropolitana, davanti al palazzo della Moneda, alla sede della CNI (la polizia segreta), al tribunale militare: infatti, è ripreso il fenomeno dei detenuti che vengono fatti sparire e i casi di tortura si moltiplicano.
Si prepara il 20.mo anniversario dell’opzione a favore delle comunità di base, in un momento in cui i sospetti di orizzontalismo, di parallelismo, di riduzionismo ideologico si moltiplicano in alcuni esponenti della gerarchia.
Si sta preparando il Natale a Pudabuel… Quest’anno i circa 35 gruppi che si sono riuniti nelle stradine della poblacion hanno evangelizzato una nuova visione di questa festa della speranza dei poveri.
(…) A voi tutti tutta la mia amicizia, la gioia della mia amicizia, da questo amico lontano e vicino…
Un abrazo muy grande
Mariano Puga
Nota integrativa
Per farci precisare alcuni punti oscuri della lettera di Mariano Puga, uno di noi della redazione si è rivolto a un suo compagno di lavoro, delegato FIOM in diretto rapporto con il sindacato metalmeccanico in Cile, dove è andato nel luglio ‘88 con una delegazione della FIOM regionale lombarda. E, insieme alle correzioni e ai chiarimenti, ci sono arrivate anche queste notizie “fresche”.
A differenza di quanto afferma questa lettera, in questo ultimo periodo l’opposizione si è molto vivacizzata, un progetto comune è stato costruito, anche se con intendimenti diversi, l’unità per il NO a Pinochet ha consentito un avvicinamento dei partiti di opposizione, legale e non, almeno su un’affermazione fondamentale: basta con la dittatura, basta con Pinochet.
È cambiato qualcosa anche della situazione che la lettera descrive con toni piuttosto pessimistici: l’interesse verso il plebiscito è aumentato, la speranza in un cambiamento si è rafforzata, la coscienza e la partecipazione delle masse ha raggiunto un livello accettabile (600 mila in piazza a Santiago – secondo un titolo del Corriere della Sera – in un Cile che conta 11-12 milioni di abitanti, costituiscono una folla enorme!).
Certamente la grande maggioranza dei poveri che a malapena sopravvivono nelle poblaciones, rimane sostanzialmente indifferente o poco interessata alla lotta contro Pinochet. Al legittimo e sacrosanto bisogno di libertà, democrazia, ecc. questa massa è costretta dalle proprie condizioni ad anteporre un bisogno immediato di lavoro, di pane, di istruzione, di una sia pur minima sicurezza sociale, di tutto quanto può consentire una vita minimamente dignitosa.
La possibilità, in tempi brevi, di soddisfare queste necessità è praticamente nulla, senza un cambiamento radicale del sistema economico instaurato in Cile dalla dittatura di Pinochet.
La mancanza, per ovvi motivi, di una coscienza del proprio ruolo sociale, le condizioni disumane nelle quali si trovano e l’impossibilità di cambiarle, portano sovente i pobladores a ricercare metodi di sopravvivenza ai margini o fuori dalla legge: furti, prostituzione, ecc.; e, parallelamente, cresce il disinteresse, l’indifferenza, l’apatia sul fronte sociale e politico.
Solo un impegno costante di coscientizzazione potrà creare le basi per un recupero politico-sociale di una parte almeno di questo grande strato della popolazione cilena.
Questo stanno facendo molte organizzazioni e gruppi di solidarietà, legati in genere alla Chiesa o a quei partiti che da sempre sono presenti in queste poblaciones; la loro opera si è particolarmente intensificata in vista del plebiscito, cercando di aiutare le persone ad iscriversi nelle liste elettorali (cosa complicata, oltre che costosa), fornendo loro gli strumenti per comprendere (nei limiti imposti dalla situazione generale in cui operano) il valore della lotta alla dittatura come passo indispensabile per il cambiamento della loro condizione materiale, sociale e politica.
Per concludere: una situazione estremamente complessa, ma in movimento, dinamica. Dura, difficile, ma affrontata con una grande speranza.