Il Vangelo nel tempo / la Parola nelle biografie
Più si va avanti negli anni e più ti senti ricondotto all’essenziale. Superata la soglia dei 70 anni, ti viene la ‘curiosità di voltarti indietro’ per vedere/riconoscere qual’è stato il filo conduttore che ha tenuto insieme, e che tiene tuttora insieme, la tua esistenza.
Io penso che la fede in Gesù di Nazaret passi per la fede nell’altro, passi cioè per la relazione con le donne e con gli uomini che Dio ha dato al tuo cammino.
La relazione non la strappi, anche invecchiando. Don Milani nel testamento lasciato ai suoi ragazzi scriveva:” Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non sia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul suo conto”. La relazione è l’unico modo per abbattere il muro della solitudine, perchè nella relazione è l’altro a contare, sei tu a contare.
All’origine della mia decisione di entrare nella condizione operaia c’è stata la sofferenza, quasi fastidiosa, di non poter costruire relazioni quotidiane spontanee con le persone. Il ruolo che rivestivo mi allontanava, mi teneva distante dagli altri:” Arriva il prete! Cambiamo discorso!”.
La non libertà di comunicare e di comunicarti, l’essere quasi privato di parlare, mi pesava fortemente. Credo che una tale situazione sia stata anche una delle cause che ha costretto Dio stesso a spogliarsi dei suoi titoli, per rivestirsi della natura umana, ormai stanco di una relazione distaccata che rendeva impossibile il comprendersi appieno. Così, a nome di Dio, parlava Isaia 65,1-2:” Mi sono lasciato ricercare da chi non mi consultava, mi sono lasciato trovare da chi non mi cercava. Ho detto:” Eccomi, eccomi”, a una nazione che non invocava il mio nome. Ho teso le mie mani tutto il giorno verso un popolo ribelle, che mi diceva:” Sta’ lontano! Non toccarmi, altrimenti ti renderei sacro”. E’ quello che scrive Paolo nella lettera ai Filippesi 2,6-11: un testo della Sacra Scrittura che ha fondato spiritualmente la mia decisione, come penso quella di molti altri preti operai.
Una Parola che viene dall’ascolto
Dio parla all’uomo dopo averlo ascoltato. Esodo 2, 7-8 :” Il Signore disse a Mosè: Ho visto l’oppressione del mio popolo che è in Egitto, ho udito il suo grido a causa dei suoi oppressori, poiché conosco le sue angosce. Voglio scendere a liberarlo dalla mano dell’Egitto e farlo salire da quella terra a una terra buona e vasta, a una terra dove scorre latte e miele”.
Sono le parole di uno che ha guardato e ascoltato attentamente, per conoscere, cioè per amare e fare sue le angosce del ‘suo’ popolo. E’ un parlare che manifesta il cuore di uno che ha ascoltato in silenzio per percepire nei minimi particolari le condizioni di vita del suo popolo, di un popolo che non ha mai perso di vista. E’ una parola che esce dal silenzio, perchè è solo nel silenzio che puoi ascoltare e capire l’animo di chi ti sta a cuore.
La Parola di Dio è la voce di uno che parla a te , che si rivolge a te, e che ti dice le parole che ti aspetti, di cui hai bisogno, perchè nel guardarti e ascoltarti in silenzio si è sintonizzato con i tuoi sentimenti, con la tua vita.
Stabilire relazioni
La Costituzione Dei Verbum del Concilio Vat. II° al n° 2 afferma: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare Se stesso e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura. Con questa rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sè”.
Lo scopo del parlare di Dio, quindi, non è stato tanto quello di affermare concetti o proporre contenuti, ma innanzitutto di stabilire relazioni vere attraverso una Parola che ha fatto esistere il creato e l’umanità.
Nei primi anni del mio sacerdozio era come se parlassi con me stesso; dicevo parole frutto di studio e letture varie, ma non di ascolto e di condivisione: che fatica preparare le prediche per dire parole che interessassero coloro che mi ascoltavano!
Da quando sono entrato nella condizione operaia,svestendomi dei panni sacerdotali, le Parole della Scrittura hanno cominciato a rivelarsi completamente nuove : in mezzo ai compagni di lavoro la Parola su cui si fondava la mia fede ha cominciato a coniugarsi con i gusti della vita.
La Bibbia lentamente si rivestiva di umanità, di tempo, di storia, di carne, di volti. Ho cominciato a leggerla, ascoltarla, pregarla, pensarla con gli ‘occhi del cuore’ dei miei compagni e compagne di lavoro.
E’ così che la Parola mi ‘ ha fatto essere’, mi ha chiamato alla vita e nella vita, suscitando una reciprocità responsabile. Ho cominciato a sentirla con il suo vero timbro, quello della gratuità’: che sorpresa! Non mi aspettavo che fosse così buona !
In fabbrica ho imparato l’alfabeto della vita: ogni compagno e ogni compagna ne è diventata come una lettera. In fabbrica mi si è sciolta la lingua, come a Zaccaria, in un canto di lode, perchè le tante ‘parole di Dio’ che sentivo ogni giorno mi liberavano il cuore.
La Parola di Dio mi ha aiutato a guardare con ‘occhi penetranti’ la vita: se sei distratto con la vita, sei distratto con tutto, anche con Dio: “ Avevo fame e mi hai dato da mangiare…. ma quando, Signore? Ogni volta che l’hai fatto a uno di questi piccoli….”.