Frammenti di vita


 

Scrivo per raccontare quella che ritengo essere una storia singolare.
In occasione della scorsa Pasqua avevo chiesto al mio datore di lavoro qualche giorno di ferie ma, essendomi state rifiutate, sono stato comandato in servizio al mattino presto sulla linea tranviaria 2.
Lo scarso movimento di utenti e di traffico mi hanno permesso di mantenere una guida abbastanza tranquilla e di spaziare mentalmente sui fatti della mia vita lavorativa e non.
Quella, per esempio, era la trentaduesima Pasqua che trascorrevo alle dipendenze dell’Azienda di trasporto pubblico.
Quante di tali giornate avevo lavorato? A quanti inviti di trascorrere insieme varie festività con parenti ed amici avevo dovuto rinunciare in questi anni? Molti, e con identico immutato disappunto della mia famiglia. Io ho sempre cercato di farmene una ragione. Dopotutto, pensavo, quella era la natura del mio lavoro e gli “altri” potevano anche non farci caso. Tuttavia, quella mattina c’era qualcosa che mi amareggiava in maniera particolare: nessuna, tra le persone che avevo trasportato, mi aveva dato il buongiorno o detto “Buona Pasqua”. Ne parlavo in piazza Mancini con un paio di colleghi prima di partire per la corsa di fine turno. Stavamo “scivolando” verso l’abbrutimento generale; e l’indifferenza verso la categoria dei tranvieri era sempre più evidente.
La fermata di piazza della Marina dista 250 metri dal capolinea di piazzale Flaminio ed era proprio l’ultima di quella giornata. C’era una signora in attesa con in mano un sacchetto di plastica pieno di ovetti di cioccolato. A prima vista avrei scommesso che-la signora fosse uscita di casa quasi di nascosto per poter mangiare i suoi ovetti senza essere sgridata e criticata. Tuttavia, la verità ha spesso la faccia che non ti aspetti e, con mia enorme sorpresa, lei salendo mi ha detto:
“Buongiorno, Buona Pasqua, prendi questi due ovetti che sono di quelli buoni… ”.
Istintivamente stavo per rifiutare, ma di fronte a quel fatto “sbalorditivo” ho deciso di accettare. “Grazie” le ho detto “ne prendo uno solo e lo mangio volentieri. Credo che lei abbia fatto un mezzo miracolo. Pensi che è da prima delle 5 di questa mattina che sono in giro e lei è la prima e unica persona che mi ha fatto gli auguri di Pasqua e salutandomi ha cambiato la mia giornata rivitalizzando la mia speranza nel prossimo”. Giunti a piazzale Flaminio l’ho salutata abbracciandola idealmente anche a nome dei miei colleghi e augurandole ogni bene. Mi ha salutato a sua volta regalandomi un largo sorriso mentre si allontanava per la sua strada. Avevo ancora in mano la stagnola dell’involucro che ricopriva l’ovetto ed ho deciso di conservarla nella mia agendina a ricordo di quella piacevole esperienza.

 
Da allora sono passati molti mesi, la stagnola è stata sempre lì, ripiegata tra le ultime pagine dell’agendina dove avrei segnato anche il turno del 24 dicembre scorso: orario 1, linea 2, uscita ore 4,39.
Le scuole sono chiuse per le vacanze di Natale, ci sono poche persone in giro, ma quelle che si muovono lo fanno freneticamente. Sono passate da poco le ore 8 quando a piazza della Marina sale una signora con un dolcetto in mano:
“Buongiorno, Buon Natale, prendi questo croccantino in segno di augurio. Non l’ho fatta neppure finire di parlare, quando, bloccando la vettura tra il mio stupore e quello di qualche passeggero incuriosito dal mio entusiasmo le ho detto:
“Io la riconosco.., certo che lo accetto il dolce che mi offre. Solo lei è capace di questi gesti di grande generosità soprattutto perché rivolti verso un rappresentante di una categoria certamente poco simpatica…” “Non è vero…”, mi ha detto rassicurandomi. “È vero” ho ripreso “ma ora non è la cosa più importante. Lei con il suo altruismo offre una lezione di civiltà a molte persone. Vede questa cartina che conservo nelle pieghe delle mia agendina? Conteneva l’ovetto di cioccolato che mi ha offerto il 27 marzo scorso, giorno di Pasqua. Ora farà compagnia alla carta del croccantino che mi ha appena offerto…”. “Lei mi commuove” mi ha detto con aria vagamente sorpresa. “Forse” ho ripreso “ma senza cercare primati, se c’è qualcuno che dovrebbe sentirsi commosso questi sono io”. Eravamo arrivati in piazzale Flaminio ed io mi sono permesso di osservarla meglio: di mezza età; provenienza indefinita tra l’orientale e l’europeo. Pulita e ordinata, sotto una pelliccia lunga una tuta grigio perla e comode scarpe da ginnastica, ma soprattutto, un simpatico e sereno sorriso.
Arrivederci, gentile amica, ogni bene in questa e nell’altra vita.
Da poco è entrato l’anno nuovo. Come ogni gennaio, da un bel po’ di tempo, ripongo buste paga ed agendina dell’anno precedente in un faldone. Una volta aperto prendo una agendina e una sua pagina a caso. Dalle indicazioni che vi sono riportate cerco di rammentare qualche particolare di quella giornata anche se certe distinzioni mi rimangono ormai quasi impossibili.
L’agendina del 2005 contiene due pezzetti di carta molto importanti, per questo la incarterò con una copia della presente lettera. Un giorno, forse, qualcuno metterà mano tra le cose che mi hanno fatto compagnia nella vita e, forse, troverà quello che penserà sia ormai perduto.

Enzo Andreotti


 

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