Nord – Sud (in Italia e nel mondo)
«Il sogno come esperienza pastorale nella parrocchia di S. Roque»
Fax n° 38
23 febbraio 1991
Abbiamo strappato faticosamente un giorno e mezzo per riflettere, tirare un poco le somme, Bruno, Elena ed io. Nella riflessione sulla situazione di ciascuno, sul “lavoro” fatto in questi anni: un anno Andrea, due anni Bruno ed Elena, un anno io. Abbiamo fatto alcuni gruppi omogenei e poi abbiamo cercato di sintetizzare il punto cui siamo arrivati .
Cercherò di dire, in questi tre fax che mi mancano, qualcosa sui tre gruppi omogenei di riflessione:
* noi come persone umane con alcuni strumenti culturali
* noi come cristiani
* noi come sacerdoti/parroci.
La prima riflessione potrà servire per tutti, la seconda potrà servire solo per coloro che si dicono cristiani, la terza potrà servire solo per i pretioperai e simili.
Per iscritto non si può dire tutto, però cercherò di esprimermi con la massima precisione che ora mi è possibile.
Questo fax comprenderà la prima riflessione, che sembrerà banale e che ripete cose già dette. Ma per noi è stato importante ripartire da capo, da alcune ipotesi base.
A. Sono un essere che chiamano “umano”, bipede, di posizione eretta, con mani, con fronte angolare.
Secondo una ipotesi occidentale a cui io ho aderito
* il mondo è distinto da me;
* io ho un cervello che può non dipendere dalla natura;
* ed ho il compito di custodire e coltivare il mondo e i miei simili;
* posso essere libero (cervello a tre stadi);
* posso comunicare con i miei simili;
* debbo comunicare su quello che io sono dentro e su quello che essi mi appaiono fuori;
* per comunicare posso usare della parola orale e scritta. di una logica, di un metodo.
Io posseggo alcuni di questi strumenti.
B. Qui i problemi che si pongono sono tanti. Due i più importanti:
– come entrare in relazione con il pianeta e con gli altri “semejantes” per custodire e coltivare…?
– dove vivere e come vivere questa unica “vita”?
Vi sono poi alcuni problemi concreti che ho affrontato venendo qui, e su cui ho fatto alcuni passi o su cui mi sono confermato o su cui non ho fatto nessun passo. Posso dirne alcuni:
1. L’attuale organizzazione della sopravvivenza sul pianeta, dominata dal modello del capitale monopolistico USA e tedesco ed in parte giapponese, ha portato alla regola dell’ un terzo. Un terzo della popolazione mondiale sta in qualche modo bene come cibo e cose di base. Ma perché questo continui così, occorre che gli altri due terzi soffrano di fame.
Le inchieste del Banco Mondiale ogni anno rilevano le condizioni di vita nel mondo, ed ogni anno, regolarmente, portano la conclusione che i poveri sono più numerosi dell’anno precedente. Lo dichiarano proprio quelli che hanno in mano tutto. Essi fanno i conti esatti e sono d’accordo nel dire proprio così. Ma non dicono: «Cambiamo».
Venire qui è stato uno scoprire come questo non è solo una questione Nord/Sud. Qui in città c’è il Nord/Sud presente, (da noi è i due terzi sopra un terzo) ma qui è proprio l’un terzo. Con quelli sopra sempre più ricchi e quelli sotto sempre più poveri.
Ed i ricchi circondati da vicino dai poverissimi.
In mezzo, i militari e guardiaspalla poveri che difendono i ricchi.
Lo stare qui però non mi ha fatto vedere nulla circa il poter cambiare questa situazione.
Non di più di quello che pensavo prima.
2. L’altro problema era se per custodire e coltivare il pianeta ed i propri simili, è meglio vivere lì o qui.
Ho visto che non è questo il problema.
Si tratta di stabilire dove uno si colloca: ossia con che strato sociale vuole mettersi. Ed in che modo.
3. L’altro problema era come essere libero, diventare sempre più libero. Ed ho visto che questo dipende molto dalla comunicazione.
La mia libertà inizia dove inizia la libertà dell’ altro.
Per cui la comunicazione deve essere una comunicazione che porta l’altro ad essere libero e comunicante.
E mi son posto il problema se gli strumenti messi a punto lì:
* strumenti di logica;
* strumenti di metodologia della conoscenza che non divide il conoscente dal conosciuto, ma che è una ricerca scientifica in una prassi di cambiamento, per vedere fino a che punto è possibile definire un destino diverso ecc. ecc.;
* strumenti metodologici e tecnici per valutare, progettare, programmare in fasi graduali, progressive, sia la propria persona, sia la propria azione;
* strumenti di parola, lettura, scrittura (con questo ordine)
servissero anche qui, perlomeno a coloro che hanno i medesimi desideri di custodire, coltivare il mondo ed i propri simili.
Ed ho visto che sì, se si tiene conto di alcune diversità.
E servono anche perché le metodologie USA, spagnole, tedesche hanno invaso le organizzazioni popolari.
4. L’altro problema era la relazione fra qui e lì.
Che relazione ci può essere fra noi lì e qui? Quest’anno ho visto chiaro due cose positive e una negativa.
a. la prima cosa positiva è stata lo scoprire la dimensione della diversità. Di questo vi ho parlato più volte. Penso che questo sia stato utile per me e per voi.
b. la seconda cosa positiva è stata che questo venire qui per noi è stato solo un segno di restituzione. Restituzione di due cose:
* di soldi. Qui abbiamo scoperto che possiamo usare al contrario i meccanismi finanziari dei dominatori. I soldi nostri qui valgono dieci volte di più, perché qui gli operai vengono pagati dieci volte meno, per tutti i motivi che voi sapete;
* di strumenti culturali che – date le migliori condizioni di vita – noi abbiamo potuto sviluppare.
c. Di negativo c’è che, in assenza di un polo internazionale di organizzazione proletaria, non si può parlare di internazionalismo. Dopo Mao, chissà quanto tempo dovrà passare.
5. Un altro problema era come un intellettuale di estrazione borghese può positivamente relazionarsi con il popolo. E mi sono confermato nella utilità per me e per loro della relazione calore-uovo. Mettersi nella testa che il “pulcino” può venire solo da loro è la base per la relazione intellettuale/popolo.
6. L’altro problema era puntualizzare bene cosa io ho imparato soprattutto. La cosa che mi sembra più importante è che, qui sanno vivere con poco, e che questo dobbiamo impararlo anche noi. È il problema della sobrietà cui accennavo mesi fa. Detto in parole difficili, si può dire così: che il rapporto fra energia utilizzata ed energia che uno può metabolizzare deve tendere a uno.
7. L’altro problema era se lavorare sul macro o sul micro. Ed il rapporto fra i due.
Ed ho visto che il micro non è in opposto al macro, che non è un dilemma, ma un rapporto dialettico.
Il micro non è in reazione al macro. Non è il macro che deve determinare le mie azioni, che sarebbero perciò reazioni. Ma sono io, con il mio modello di persona e di relazioni con le cose, la donna, gli altri umani, che devo inventare un’azione, un intervento, nel mio piccolo spazio di pianeta.
Sono io che debbo pormi come causa esterna e porre le leggi del mio regno. Questo micro si scontrerà col macro ecc. ecc.
8. E da qui è venuta quella che noi chiamiamo autonomia del “culturale” dall’ economico, dal politico, dal religioso…
Autonomia nel senso che io detto le leggi del nostro regno assieme con fratelli e sorelle con cui scelgo di camminare, con il mio ruolo di intellettuale.
E che questo “micro culturale” è il polo piccolissimo che io butto nella storia e che si scontrerà dialetticamente con il macro, secondo la prima legge della dialettica…
Termino con alcune informazioni.
Mancano solo tre settimane alle elezioni dei sindaci e dei deputati. Il clima esprime ogni giorno di più chi sono i fascisti. Le parole possono sintetizzare questo clima:
– terrore: ieri hanno ammazzato a sangue freddo il secondo candidato deputato della UDN, che è un po’ come la nostra D.P.;
– ostacolo alla libertà di propaganda. Minacce, catture… ;
– menzogne su tutto;
– frode elettorale. Non danno facilmente i certificati per votare nelle zone in cui pensano ci siano oppositori. Senza pensare alle frodi future, la frode è già programmata ed attuata da tempo. Loro sì, “prevengono”!
Fax n° 39
26 febbraio 1991
Il penultimo fax?
Sarebbe utile che ci comunicassimo i sentimenti su questi momenti che gli umani di questo pianeta stanno vivendo. Comunicarceli per aiutarci a scoprire la nuova dimensione che essi hanno… Di fronte all’infinita violenza, uno deve in qualche modo rientrare in se stesso e dare alla sua opposizione interiore dimensioni differenti… Non farò questo in questo fax. Ma – come promesso – cerco di sintetizzare il secondo punto delle riflessioni che abbiamo fatto con Bruno ed Elena. Le riflessioni che riguardano il noi come cristiani. Nel prossimo fax vi comunicherò la riflessione del noi come sacerdoti.
A. Siamo umani che si dicono cristiani, cioè seguaci di Gesù di Nazareth, così come ce lo hanno presentato gli apostoli, che lo hanno riconosciuto Messia (il Cristo) dopo la Resurrezione.
Qui i problemi erano molti. Il principale era come mettere in relazione la autonomia con la teonomia. Ossia come relazionare il frutto di quasi 500 anni di cammino nell’occidente europeo per affermare l’autonomia dell’umano e della sua organizzazione dalla religione.
Cammino di quasi 500 anni fatti di lotta contro:
– il soprannaturalismo
– il clericalismo
– la repressione sessuale
– la menzogna della religione apolitica.
Cammino che da noi in occidente europeo ha dato come frutti:
– che la scienza è nella ricerca e non nella Bibbia;
– che il potere viene dal popolo e non da Dio;
– che il pane viene dall’economia e dalla politica;
– che l’interno dell’uomo viene dalle relazioni…
Cammino i cui nomi sono memorizzati in Galileo, rinascimento fiorentino, rivoluzione francese, Marx, Freud…
Pur con tutti i dubbi che ora si pongono su questo cammino, questo per noi europei occidentali fu un cammino di autonomia dell’uomo e delle sue azioni ed organizzazioni dalla religione.
Come relazionare tutto questo con il Dio con cui si relazionò Gesù di Nazareth? Questo era il problema principale.
Per noi in Europa occidentale il problema si pone contro tutti quelli che dicono: guarda che disastro… occorre ritornare al Medioevo… come più o meno dice C.L. o altri movimenti religiosi similari.
O anche si pone perché questa secolarizzazione aveva portato al “secolarismo”, cioè a perdere il senso della relazione. C’era rimasta solo la autonomia e ci avevano privati della teonomia.
Qui il problema si pone in maniera uguale o differente? Con Andrea ci eravamo posti anche questo problema.
In Italia avevo sintetizzato il punto cui ero arrivato in un fascicolo dell’ottobre ’89 su sesso, politica, fede e chiesa.
B. Il punto cui sono arrivato ora è questo.
1. La secolarizzazione vissuta da noi nell’ occidente europeo può non essere un fatto universale.
Ciò che noi abbiamo passato non è detto che debba essere la strada anche per qui.
2. Qui Dio fa parte delle cose quotidiane. Sembra impastato nel quotidiano e in ogni cosa. È come se fosse un pane o una tortilla sulla tavola.
Dio è davvero una presenza forte… lo pongono dappertutto… A volte sembra una forma di panteismo…
La storia originale indios della creazione porta infatti che Dio rimaneva impastato nella creazione stessa…
Io non penso che qui passeranno la medesima storia che abbiamo passato noi in Europa Occidentale.
Penso però che il capitalismo distruggerà questa forma di pensare, come lo ha distrutto dappertutto.
Se questo dovesse capitare, non chiameremo questo un processo di secolarizzazione, un processo di liberazione. Lo chiameremo con un altro nome: processo di espropriazione, di distruzione della cultura propria, o altro.
3. Il terzo punto cui sono arrivato è questo: che se è vero che – come dice Ireneo – la gloria di Dio è l’uomo vivente, questa frase deve ora essere detta anche con la seconda parte; la vita dell’uomo è la visione di Dio.
Ossia mi sono convinto che è arrivata l’ora in cui coloro che si dedicano alla vita dell’uomo e si dicono anche credenti debbono iniziare a lottare per riscattare l’immagine di Dio di cui gli altri si sono appropriati, o meglio, della cui produzione gli altri si sono appropriati.
Detta in altri termini: gli uomini, oppressori ed oppressi, fanno una produzione dell’immagine dell’Assoluto, di Dio. Occorre risuscitare il dibattito tra questa produzione che gli uomini fanno dell’ Assoluto e il modo con cui Gesù si relazionò con Dio. «La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’ uomo è la visione di Dio».
Su questo punto cerco di puntualizzare tre cose, per non essere frainteso:
a. quello detto sopra non rinnega il fatto che la Rivelazione non è necessaria ( questa affermazione, però, mi è stato detto che è teologicamente errata )
La rivelazione di Dio in Gesù non è necessaria per vivere. Essa è gratuita e libera. È grazia. Se fosse necessaria per vivere non sarebbe gratuita.
Però, senza di essa, il cammino umano mi sembra:
* corra molti rischi di errori;
* sarebbe molto più lungo;
* e pochi arriverebbero ad una verità sulla vita; soprattutto i più poveri sarebbero vittima delle manipolazioni degli oppressori.
b. quello detto sopra mi porta a riaffermare che coloro che lottano per l’uomo vivente possono utilmente specchiare la loro vita nella Bibbia, ricavandone luce e forza, incontrando correzione, coscienza più profonda, proiezione più grande, alla propria vita ed azione.
c. e d’altra parte la loro vita, specchiata nella Bibbia, darebbe un contenuto attuale alla Bibbia stessa.
4. Con queste tre specificazioni, mi sembra che è arrivato il tempo di lottare per quella che chiamano la nuova evangelizzazione. Nella riflessione fatta con Bruno ed Elena ci è sembrato chiaro che questa nuova evangelizzazione si pone in maniera differente in Europa occidentale e qui. Sembra la scoperta dell’acqua calda, ma in verità per noi è stata una grande scoperta. È come se ci si fossero aperti gli occhi su una ricerca nuova, i cui termini prima ci sfuggivano. Abbiamo collegato questo con la esperienza dei pretioperai, che sono arrivati a lottare contro l’uso capitalistico della fede, ma non sono riusciti ad andare molto oltre e mettersi in ricerca assieme sulla nuova evangelizzazione in campo operaio.
E qui ora si collega l’esperienza del cammino dei preti operaicon questa nuova ricerca. L’esperienza passata ci ha aiutato a comprendere i termini del problema.
5. Per noi in Italia questo cammino lo abbiamo un poco iniziato al quartiere Stella ed i termini cui eravamo arrivati mi sembra si possano condensare in tre punti:
a. Rifiuto del sacro come motivo iniziale di aggregazione. Ci si riunisce, non partendo dal sacro, ma partendo dalla lotta per definire un nuovo destino alla vita personale e di un gruppo umano.
b. Se qualcuno, in questo cammino, si pone il problema dell’Assoluto, si fa questo cammino con altri strumenti, tenendolo distinto (non diviso ma distinto) dall’altro cammino. La relazione autonomia/teonomia restava così un cammino da sperimentare, senza annullare i due termini.
c. Il contenuto di questo camminare ci è sembrato il percorso martiniano composto:
* dai 4 vangeli (Marco, Matteo, Luca, Giovanni);
* dal messianismo debole (discorso Ascensione 1987).
6. Ma qui in El Salvador come fare? Quale cammino compiere? Le cose dette al punto l e 2 ci han fatto porre il problema in termini di lotta e di ricerca.
– In termini di lotta: qui la Nuova Evangelizzazione è ora una apparente nuova colonizzazione. Parte non da una ricerca, ma da un rifiuto della validità della autonomia, riproponendo quasi i termini medioevali della faccenda. Ed inoltre è diretta molto dai movimenti apostolici: rinnovazione carismatica, neo catecumeni… Pensate che il giornale di Comunione e Liberazione arriva a molti parroci…
– In termini di ricerca: Bruno ed Elena, che rimangono qui, come possono iniziare questa ricerca?
Abbiamo pensato che potrebbero incontrarsi con due sacerdoti qui (Pedro e Adolfo) una volta al mese, per almeno iniziare a porre i termini della domanda. Porsi il problema ponendosi la domanda giusta… Porsi la domanda giusta è già un primo passo…
L’esperienza dei preti operai ci ha aiutato a comprendere l’importanza della cosa.
Fax n° 40
27 febbraio 1991
In questo fax ho promesso di parlarvi del terzo punto della riflessione fatta con Bruno ed Elena. Scrivere serve per puntualizzare meglio e non perdere la memoria.
Il terzo punto era: Noi come sacerdoti cristiani.
A. Umano, cristiano, sono anche sacerdote o prete diocesano.
Non so bene puntualizzare questa faccenda, che ad un determinato punto della vita mi ha fatto scontrare con molte contraddizioni.
Mi ha anche offerto molte possibilità, enormi possibilità, di entrare in rapporto con la vita del popolo con tutte le sue potenzialità e contraddizioni/oppressioni.
Un rapporto scelto, riscelto, fuggito, ripreso in varie forme. Sia in Italia che qui, la figura del sacerdote dà ancora molte contraddittorie possibilità di relazione con gli umani.
B. Anche su questa parte particolare della mia vita ci sono molti problemi.
A pensarci bene essa non fu un particolare della mia vita, ma fu come una essenza, e lo è ancora.
Per cui i problemi che toccano questa parte sono sempre problemi di tipo …matrimoniale, cioè che toccano molto a fondo.
1 . Il primo problema era il ruolo che al sacerdote impone il sistema (chiamiamolo così) dominante: ruolo di riproduzione del consenso degli sfruttati allo sfruttamento.
A questo riguardo mi aveva molto colpito la frase di un salvadoregno che diceva: con la chiave con cui essi hanno chiuso o vogliono chiudere, sì può anche aprire. Su questo punto non ho fatto molti passi in avanti rispetto a quello che pensavo o facevo in Italia.
Ripensando alle tre storie vissute a Pero, Sesto, Cologno, mi appare chiara la contraddizione.
Approfittare del ruolo vuol dire anche rafforzare un ruolo.
E chi viene dopo, con il medesimo ruolo rafforzato, può distruggere quello che hai costruito o perlomeno chiudere gli spazi che hai aperto. Però questo fa parte della storia… della storia degli esiliati… Che vuol dire che un gruppo deve andare in esilio?
2. Il secondo problema era quello della Chiesa intesa come istituzione anche umana.
A questo riguardo a tutti sono note le mie gravi crisi politiche. Essere sacerdote vuol dire essere dirigente di base della Chiesa, rappresentare comunque la chiesa. Dopo aver scoperto la menzogna apolitica, i problemi si sono fatti grossi. Comunque io rafforzo questa istituzione, organizzazione, più di altri. Ma questa forma di chiesa, questo modello di chiesa, deve essere rafforzato, cambiato, o è la chiesa stessa che deve essere annullata come organizzazione?
Qui il problema si pone su due livelli:
– a livello di autonomia;
– a livello di teonomia.
C’è tutto un problema di reagire al ruolo che la classe dominante impone alla chiesa.
E c’è tutto un problema di vedere se davvero Gesù il Cristo aveva in mente una chiesa e quale chiesa.
I due livelli sono distinti e non divisi. Però occorre vedere le cose con strumenti diversi.
Su questo problema non ho fatto molti passi in avanti rispetto a quello che pensavo in Italia.
E pensavo due cose:
– quello che ho scritto sui fax 38 e 39;
quello che ho scritto sul modello di chiesa, che in qualche modo dobbiamo ricercare in un cammino.
3. Il terzo problema era il fatto che qui ero sacerdote Parroco.
Parroco è in qualche modo un dirigente. E qui dirigente in una grande parrocchia. Questo fatto mi permise, con i soldi da voi inviatimi, di fare tutto quello che sapete, usando il modello organizzativo del rinascimento fiorentino.
Mi spiego: per vivere sul pianeta, gli uomini hanno creato varie forme di autorganizzazione. Il modello fiorentino della città stato per me è un modello da tener presente. Creare piccoli settori con spazi autorganizzati, che si coordinano in un progetto camminante.
Certo, ora i problemi si pongono in maniera diversa che dieci mesi fa, quando non c’era niente. Ora c’è la possibilità di vedere e da lì partire.
Ora c’è però anche una struttura che fa gola a molti e che pesa. Le cose che penso sono queste:
a. La struttura parrocchiale offre due possibilità importanti:
* Lottare contro la deterritorializzazione del proletariato per una sua riterritorializzazione.
Con tutte le sue conseguenze.
* Arrivare ai più poveri, impedendo ad altri di arrivare ad essi o diminuendo la influenza di altri.
Arrivare ai più poveri dando loro il gusto della lotta nella definizione differente del destino della loro vita e del loro territorio e della loro comunità.
Penso a moltissime cose che qui si vedono molto bene.
b. La struttura parrocchiale è ambigua, per due motivi:
* perché dipende da una chiesa gerarchica, non democratica;
* perché riunisce la gente partendo dal sacro.
Parte dal sacro e va ai problemi e non viceversa.
Questo porta conseguenze:
– sia sul piano della autonomia;
– sia sul piano della teonomia.
c. Su questo ultimo punto, anche partendo da quanto detto nel fax 39 sulla nuova evangelizzazione qui, abbiamo ora addirittura teorizzato per qui la utilità di questo cammino che parte dal sacro, formando una comunità, da cui – come dice il Martini – poi dovrebbero venir fuori le sue diaconie:
– la diaconia ex fide (servizio, impegno, ecc.);
– la diaconia fidei (evangelizzazione, catechesi, ecc.)
d. Un grande pericolo per il Parroco è che i suoi interessi non siano la relazione di Gesù con Dio, ma il riempire la sua struttura ed il farla funzionare.
Ossia penso che sia un’occasione prossima di peccato.
E penso che coloro che pensano di camminare su questa strada debbano tener presente molto questo.
e. Un altro grande pericolo per il Parroco è che le sue relazioni siano di strumentalizzazione degli altri per il progetto della struttura.
f. Un altro grande rischio è privilegiare i grandi numeri, con tutte le conseguenze che questo porta in tutti i campi.
g. E – non ultimo come importanza – è quello che Sandro continua a ripetere circa due cose:
– la circoncisione;
– il corban.
Vorrei ben spiegare queste cose, ma non sto bene e a stento riesco a finire questo fax.
È un poco la sintesi (che mi è costata) di tanti pensieri. Non sono in grado di vedere se ha senso o no.
Ed ora qualcosa sulla situazione qui.
Mi sembra addirittura ridicolo dirvi del clima di qui. In un periodo preelettorale tutto si ingigantisce. Il ministro della casa presidenziale ha addirittura detto che tutta l’opposizione fa parte della guerriglia ed è facciata di essa, anche la democrazia cristiana…
Pensate un po’ voi. E da qui le minacce, le repressioni, e tutte le altre cose… La frode elettorale è così evidente…