Cambia la figura della Chiesa? (1)


 

Ci avviciniamo al nostro incontro annuale. Lo scorso anno nel piccolo referendum che abbiano fatto i pretioperai e gli amici presenti hanno tutti votato si per continuare con appuntamenti e rivista. Per un triennio si procede e poi si vedrà. Chi vi scrive ha 78 anni suonati e anche gli altri non sono dei giovanotti. Chi sa. Forse Abramo che a 100 anni ha ricevuto la promessa di avere un figlio dalla moglie Sara, peraltro novantenne, essendo il nostro padre nella fede ci ha fatto ereditare un po’ della sua vitalità. E poi c’è anche Sirio di Viareggio che prima di andarsene ci ha dato la consegna: “fin che ce n’è uno si va avanti”. Magari da lassù fa ancora il tifo per noi. E allora avanti.

Di strada ne abbiamo fatta tanta. Basta guardare il nuovo sito che raccoglie tutti i numeri della rivista dal 1987. Molte delle cose che dice papa Francesco le trovate anticipate, perché provengono da un pezzo di chiesa in uscita, uscita davvero, tanto che non pochi dicevano e pensavano che entrando nel lavoro, come preti uscivamo dalla chiesa. Se andava bene dicevano che che eravamo “inutili alla chiesa” (sic!)…

Lo scorso anno il titolo del nostro incontro e del convegno così suonava: “In questo mondo a rischio: quale Chiesa? ”. Il prossimo 11 giugno sarà con noi Serena Noceti, vice presidente dell’Associazione Teologi Italiani, che ci accompagnerà per l’ intera giornata in un’assemblea aperta a tutti. Vi è una chiara continuità con l’argomento dello scorso anno come si può intravedere nel titolo di quest’anno: “Cambia la figura della Chiesa?”. Diciamo subito che per figura non intendiamo la facciata esterna, ma la sua forma.

La cosa diventa chiara nel primo contributo che trovate dopo questa presentazione: “Vera e falsa riforma della Chiesa” è titolo di un libro che il grande teologo francese Yves Congar scrisse alla fine degli anni ’40 in un momento di effervescenza teologica e anche pastorale nel paese transalpino, con il decollo dei primi preti operai francesi. Noi qui riportiamo in parte la prefazione alla seconda edizione, scritta del 1967 quando, terminato il Concilio Vaticano II, si doveva dare vita alla sua recezione. Un momento particolare e unico che a noi ricorda il contesto nel quale è maturata la nostra scelta come concretizzazione di quanto allora percepivamo come mandato conciliare da assumere nella nostra esistenza ministeriale.

Mi permetto di mettere in luce alcuni passaggi di Congar che mi sembrano perfettamente attuali:

  • “Si trattava di liberare il Vangelo dalle forme sociologiche, pastorali, liturgiche, più o meno antiquate, per restituirgli tutto il suo dinamismo in un mondo che richiedeva nuove forme, nuove espressioni, l’invenzione di nuove strutture”.
  • “i due grandi fatti che soprattutto incidono già e incideranno sempre più sul clima della vita ecclesiale sono: una ecclesiologia del Popolo di Dio e l’ecumenismo”
  • “superamento d’una ecclesiologia di pura «gerarchiologia» e denuncia del giuridismo (non ignoranza del Diritto, beninteso!); primato accordato all’ontologia della grazia a base sacramentale, all’esistenza cristiana o battesimale come tale in rapporto ai posti occupati nella società-Chiesa; concezione apostolica, non principalmente rituale, del sacerdozio, e valorizzazione della Parola, della catechesi; riconoscimento dei carismi e della varietà dei ministeri, ecc. “
  • “le riforme non sono soltanto una istanza preliminare dell’ecumenismo, ma si nutrono di esso”.
  • “oggi siamo, intellettualmente e culturalmente, strappati dal quadro del cattolicesimo, anzi dal quadro religioso, e proiettati in un mondo che, per la sua densità di vita e d’evidenza, ci impone i suoi problemi”
  • “Lo studio della storia delle dottrine ecclesiali che noi proseguiamo da tredici o quattordici anni, ci ha portati a riconoscere che la coscienza che si è avuta della Chiesa è dipesa, in maniera decisiva, da quella che si è avuta del mondo e della relazione che si era instaurata tra i due. È la difficile associazione dei due Poteri, è il loro confronto endemico, che in larga misura hanno determinato la concezione predominante della «Chiesa» come autorità e come potere. È stato necessario che il potere temporale divenisse pienamente «laico» e che la Chiesa riconoscesse pienamente questa laicità, affinché la Chiesa stessa potesse comprendersi e definirsi puramente come Chiesa […] Essa l’ha fatto beneficiando d’un forte ricorso alle sorgenti bibliche, uscendo per la prima volta formalmente e decisamente dal medioevo, entrando infine in una nuova visione del temporale, consona alla situazione reale del mondo””
  • “Si richiede che l’aggiornamento conciliare non s’arresti all’adattamento delle forme di vita ecclesiale ma si spinga fino ad un totale radicalismo evangelico e all’invenzione, ad opera della Chiesa, d’un modo d’essere, di parlare e d’impegnarsi, che risponde alle esigenze d’un totale servizio evangelico del mondo. L’aggiornamento pastorale deve andare fino là”.

Il secondo testo è costituito da brevi meditazioni che Giampiero Zago ha offerto alla sua Diocesi di Vittorio Veneto in preparazione al convegno della Chiesa italiana tenuto a Firenze nel novembre scorso. Le riflessioni si articolano su cinque verbi: uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare.

Il terzo viene dal campo Rom di Coltano (PI) e parla della Chiesa in cammino verso Idomeni, simbolo di un dramma epocale del fenomeno migratorio – ora siamo solo agli inizi – mentre la cara Europa è malata: “intossicata di egoismo, più intenta ad escludere e scartare in nome della sicurezza e per altri interessi dii parte, o per calcoli meschini”

Infine un documento che ci è pervenuto dal lontano Paranà (Brasile) da un accampamento occupato da contadini appartenenti al movimento popolare SMT (Movimento dei Contadini Senza Terra). Ancora una volta i pistoleros dell’impresa locale di legname e cellulosa e la Polizia Militare dello stato massacrano contadini disarmati. Ma il sogno di Dio, che vuole la vita piena per tutti i suoi figli , non muore. A busca do Sonho continua.

Roberto Fiorini


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