Fraternità di Lessolo


 

Io non sono forse ancora rassegnato alla vecchiaia e riconciliato con la mia morte, vorrei ancora fare e dire tante cose… ma quando toccherà a me, vorrei morire a Lessolo.
In questa casa così bella e antica, la Serra che mi scomoda, con il bagno a piano terra e la mia stanza al secondo piano. Con la Serra che mi nasconde il sole al mattino presto, la piena della Dora ai nostri piedi e, in lontananza appena accennate le colline del Po della mia infanzia.
In questo angolo di Canavese così tecnologicamente avanzato e nello stesso tempo così arretrato. In mezzo a questi boschi, su questi ripiani antichi che grondano il sudore di tante generazioni magari presto invasi dai rovi e mangiati dal bosco. Ma soprattutto tra i miei fratelli e le mie sorelle, quelli di casa, voi che siete qui e tutti quelli che quassù hanno speso o spenderanno poco o tanto pane, di libertà, di futuro e di speranza.
A Lessolo avevo chiesto quindici giorni di ospitalità: sono stato accolto come un fratello; sono ancora qui da allora. Vi ho trovate molte se non tutte, le cose per cui ci eravamo messi insieme a Banchette. A mia volta a Lessolo ho dato tutto in questi 32 anni: la testa, il cuore, il corpo prima forte e robusto e adesso un po’ malandato.
A Lessolo ho sacrificato tutto: interessi, studio, letture, musica e viaggi e soprattutto amicizie che non ho coltivato al di fuori di questa comunità e anche tante altre cose più legate al mio essere prete, che pure vorrei in futuro riprendere. Tutto per questo tentativo di fraternità “universale” Carlo de Foucauld, ma molto concreta e particolare: 80-100 persone a cui siamo riusciti a volere un po’ (troppo poco) di bene.
Qui ho cercato di realizzare la mia vita di fede nel vangelo di Gesù Cristo, e la mia vita di prete. Il luogo dove la povertà ha voluto dire comunione e condivisione; la carità, un po’ più di capacità di voler bene a chi non è del proprio sangue o della propria famiglia; l’obbedienza e la fedeltà a un progetto comune. Tutto questo con voi e con quelli che sono stati qui in questi anni.
Per me ”non è stata un’esperienza temporanea, ma condizione accolta e scelta come itinerario di tutta una vita” (come usavano dire di sé i pretioperai). E adesso la mia vita è inseparabile dai volti e dalle storie che sono passati di qua, di quelli che non riesco neanche a ricordare ma che si sono depositati tutti in fondo all’anima, con le ferite fatte e subite, i fallimenti, le morti (quante ormai!), le delusioni, ma anche con qualche sprazzo di luce e di speranza.
Non ho altri progetti o prospettive per il futuro, che non siano Lessolo. Mi sembrerebbe di tradire la fiducia e la fedeltà verso tutti voi e quelli che guardano a Lessolo come a un tentativo serio di essere umani e cristiani. Per tutti “mi rimorde il ricordo di una gioia o di un grazie, di un cenno di amicizia o simpatia che non ho voluto o saputo dare”.
Vorrei morire a Lessolo vuol anche dire che vorrei (ma posso solo sperarlo, o anche fare qualcosa per?) che Lessolo continuasse.

Renato Pipino


Share This