rivista n° 115-116 – 2017

Terra e popoli: futuro prossimo

Mentre i nazionalismi tornano di moda come reazione alla globalizzazione, c’è un dato che rimane necessariamente comune: la nostra appartenenza al pianeta. Ignorare o nascondere che è la terra la nostra patria comune rappresenta una mutilazione sul piano della comprensione. Una sorta di lobotomia, cioè l’amputazione di parte del cervello. Chiedersi quale sia il suo stato di salute non è una divagazione o una fuga dalla concretezza quotidiana. Anzi, se vogliamo davvero tenere piedi per terra, occorre risvegliarci a una vigilanza sulla nostra casa comune. La dimensione planetaria parrebbe astratta, lontana. In realtà è concreta e vicina, anzi, interna a noi per gli scambi continui a cui siamo soggetti e di cui siamo pure attori, comunque coinvolti con tutto il nostro essere. La minaccia nucleare e la minaccia ecologica che gravano sulla biosfera impongono all’umanità intera la condizione oggettiva di essere una comunità di destino. Esiste di fatto, ma i nostri livelli di coscienza, di coscienza politica, sono davvero lontanissimi dalla sufficienza. Lo faceva notare papa Francesco nella sua lettera inviata a tutta la famiglia umana: “Se qualcuno osservasse dall’esterno la società planetaria, si stupirebbe di fronte a un simile comportamento che a volte sembra suicida” (LS 55)

Nell’epoca della globalizzazione, l’unico orizzonte di equilibrio che ha senso considerare è quello planetario in tutte le sue componenti, naturali e umane. In un sistema in cui tutto reagisce a tutto, sarebbe inutile creare equilibri parziali o locali a spese di quello generale poiché fatalmente il sistema reagirebbe rendendo naufraghi tutti i passeggeri dell’arca di Noé, compresi quelli che si erano illusi di viaggiare in prima classe”

Abstract editoriale

Editoriale

Il grido di Gaia

Sosta meditata

Sguardi e voci dalla stiva

Ricordiamo i due Tony (e Sandro)

8-10 giugno 2017

Ci scrivono

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