rivista n° 76 – 2008

Dolore operaio

Dopo la strage di operai avvenuta a Torino, con le morti al rallentatore nei reparti dei grandi ustionati e la sequenza dei cortei funebri, i riflettori si sono spenti… Quando si è appresa l’entità delle ustioni, si sapeva già che sarebbero morti tutti. La loro sorte era segnata fin dall’inizio. Ora su di essi è tornato il silenzio. E tutto continua come prima.
Non mancano certo le banalità che servono a riempire schermi televisivi e giornali. Anche le cose che appaiono più serie nel teatrino nazionale sono come racchiuse nella sala degli specchi del Luna Park: una palla di neve diventa una valanga (immagine applicata alle vicende della Sapienza); il signorotto di Ceppaloni reagisce alle noie della magistratura facendo saltare il governo italiano; si è costretti ad andare a votare con una legge elettorale che è un “porcellum”, come l’ha battezzata il suo stesso padre naturale. Ritorna puntuale il rito delle assoluzioni giudiziarie di Berlusconi propiziate dalle leggi “ad personam”, cioè confezionate su misura. L’ultima utilizzata è quella che stabilisce che rubare non è reato, che consente di essere disonesti e rispettabili… L’elenco potrebbe continuare e viene da vomitare.
Intanto gli operai continuano a morire, ogni giorno, tutti i giorni. A Marghera due operai sono morti asfissiati nella stiva di una nave. Anche gli strumenti di emergenza inservibili. A Torino erano vuoti gli estintori, a Marghera sulla nave della morte non c’era ossigeno nella bombola per le emergenze. I lavoratori degli altri scali italiani dicono che anche in altri porti si rischia la vita.
“Dall’inizio dell’anno, sono passati solo 16 giorni, i morti sul lavoro sono stati 45, i feriti 45.100, gli invalidi calcolati 1127. In soli 16 giorni del 2008 per lavoro sono morti più lavoratori che soldati in Iraq o in Afghanistan. È un dato sconcertante, come previsto, terminata l’onda emotiva dei morti alla Thissen Krupp, si è tornati alla “contabilità” ordinaria, alla non notizia….

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Editoriale

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