rivista n° 79-80 – 2008

Ciao, caro Cesare

Don Cesare, preteoperaio di Milano, ci ha lasciato pochi mesi fa.
Eravamo al corrente della gravità della sua malattia, eppure la sua morte ci è giunta inaspettata.
“Si pensa sempre che la morte arrivi… “dopo”…” scriveva Piero Montecucco a Sandro che con Luigi ha condiviso il lungo itinerario di sofferenza: “loro tre” insieme sino al momento ultimo di don Cesare.
Ancora una volta la sorpresa: non tanto della ragione, ma del cuore. Non si arrende facilmente il cuore all’evidenza, perché ospita legami che rimangono, anzi si ravvivano dopo l’evento del distacco. Vi è l’esplodere dei ricordi, degli incontri, dei momenti che attingono alle diverse stagioni della vita. Anche una piccola traccia lontana ha il potere ridestare il film interiore registrato da un’invisibile scatola nera che ciascuno porta con sé.
Ho incontrato Cesare per la prima volta al Convegno Nazionale dei Pretioperai a Serramazzoni, nel lontano 1975. Il tema sul quale ci eravamo riuniti diceva: “Rendiamo conto della nostra fede: quale fede?”. Posso dire che l’imperativo, assieme all’interrogazione in esso contenuti, ci hanno accompagnato nei nostri incontri, durante tutto il nostro lungo cammino.
L’evento della separazione fa venire in chiara luce quanto si è condiviso offrendo più lucida consapevolezza del dono grande che si è ricevuto avendo tali compagni di viaggio.
Nei giorni scorsi sono andato a stanare raccoglitori polverosi, carichi di documenti, lettere, appunti, mescolati alla rinfusa: contengono pezzi della nostra storia di pretioperai, soprattutto del gruppo lombardo. Ho trovato molti scritti e alcune lettere di don Cesare. Nel subbuglio di sentimenti che affiorano dentro quella cascata di ricordi, memorie, immagini, luoghi, passioni condivise, si affaccia, profonda, la gioia di aver camminato insieme. E con essa, la gratitudine per l’aiuto ricevuto, per l’esortazione al “coraggio”: una delle parole che Cesare rivolgeva mentre ti salutava al temine dei nostri incontri…

Abstract editoriale

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